I gatti nella cultura giapponese: dal Maneki Neko ai Kaibyō, ecco perché tutti li adorano

Dai benevoli gatti portafortuna agli inquietanti felini soprannaturali della mitologia nipponica, questi animali sono una vera ossessione per i giapponesi. Scopriamo perché

Probabilmente non avete mai sentito parlare dei Kaibyō (fra un po’ ci arriviamo), ma di sicuro conoscete il Maneki Neko, gatto portafortuna giapponese le cui statuette con la zampetta destra alzata spopolano ormai a ogni latitudine.

Solitamente è rappresentato come un micio bianco a chiazze nere e arancioni, esattamente come il bobtail giapponese, e le sue origini, pur rimanendo ammantate di mistero, sono spiegate da un’antica leggenda.

Essa racconta che un uomo, ritrovandosi all’aperto durante un temporale, si rifugiò sotto un albero situato davanti al tempio Gotoku-ji. Di lì a poco vide passare un gatto bianco che con la zampa gli indicò di seguirlo. Incuriosito, decise di accontentarlo, e non appena si spostò dall’albero, quest’ultimo venne colpito da un fulmine. Il gatto bianco gli aveva salvato la vita e per questo motivo, da allora, si dice porti fortuna.

Di tutt’altra natura sono i Kaibyō (gatti strani) della mitologia nipponica, dotati di innumerevoli capacità: ci sono i mutaforma che possono assumere sembianze umane (si chiamano bakeneko), altri seminano terrore, altri ancora posseggono un’intelligenza fuori dal comune. Alcuni sono comici nati e poi ci sono i terribili nekomata a due code, che con la comparsa della seconda coda in età avanzata, sviluppano terribili poteri magici.

Il traduttore, scrittore ed esperto di folklore giapponese, Zack Davisson, ha dedicato un intero libro a questi gatti speciali, intitolato “Kaibyō. I gatti soprannaturali del Giappone”. Nel volume spiega molte curiosità sul mondo felino made in Japan evidenziando che, verso metà dell”800, il governo giapponese cercò di sbarazzarsi definitivamente dei kaibyō, impedendo di raffigurarli o portarli in scena a teatro.

Il paese, sentendosi in difetto rispetto ai progressi scientifici occidentali, intendeva lasciarsi alle spalle credenze e superstizioni ritenute fuori luogo. Solo negli anni 60′, grazie al contributo di importanti artisti, questi curiosi esseri iniziarono a uscire nuovamente allo scoperto.

Fu così che i giapponesi, da sempre profondamente affascinati dal mondo felino, poterono riappropriarsi di questo speciale legame, in costante bilico tra adorazione e reverenziale timore, dovuto alla loro natura affettuosa ma pur sempre sfuggente.

Oggigiorno lo testimoniano gli innumerevoli “Neko cafè” sparsi per le città nipponiche, ma anche luoghi come Tashirojima, l’isola giapponese dove i gatti sono più numerosi degli abitanti, o Aoshima, un’altra isola dei gatti situata nel sud del paese. Per non parlare della copiosa presenza felina in tanti manga e anime, dal celebre Doraemon, il gatto robot, al gattobus, il bus a forma di gatto de “Il mio vicino Totoro”.

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FONTI: Kaibyō: The Supernatural Cats of Japan/globalkitchenjapan/curiousordinary

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