Francesco Chiofalo, quando inseguire la perfezione non basta più: serve l’approvazione per esistere

Il caso di Francesco Chiofalo ci spiega come la corsa alla perfezione sia superata: per sopravvivere nell'era dei social bisogna fare di più.

Voglio metterlo in chiaro sin da subito: questo pezzo non ha lo scopo di giudicare o criticare l’aspetto estetico di Francesco Chiofalo o chicchessia, non ha la pretesa (altrimenti non avrebbe nemmeno senso) di stabilire cosa sia giusto o sbagliato, cosa sia lecito e cosa non lo sia o fino a dove sia opportuno spingersi. A tutto questo ci pensano il gusto e la coscienza di ognuno.

Voglio parlare, piuttosto, di come sia pericoloso diventare una caricatura di sé per trovare uno spazio nell’infinito oceano dei social network, dove esisti solo se non sei ordinario. Esisti se alzi la posta in gioco e sorprendi gli utenti, offrendo contenuti che siano migliori, più spiazzanti, originali, estremi rispetto a quelli degli altri.

E così succede che un personaggio social utilizzi il proprio aspetto per esistere e resistere nel confuso universo dei social media. E fin qui, converrete con me, nulla di male: ognuno, del resto, utilizza il proprio corpo come meglio crede.

Il punto, però, è un altro: un corpo quanto deve essere fuori dall’ordinario per diventare riconoscibile, social-mente appetibile e, quindi, utile alla sopravvivenza (social, s’intende) di un influencer? Insomma, di corpi muscolosi, definiti, stereotipati ne vediamo talmente tanti, sui social, da non farci più caso. E allora, per esistere, bisogna fare qualcosa di più: impressionare, sorprendere, esagerare.

La storia di Francesco Chiofalo

Il caso di Francesco Chiofalo è solo uno dei tanti, ma è emblematico per quello che rivela: un corpo, un aspetto modificato per inseguire non la semplice perfezione (che non esiste, lo sappiamo, ma è un termine che rimanda a qualcosa di impeccabile, esemplare), ma qualcosa di più. Cos’è più perfetto della perfezione? L’attenzione della gente, la considerazione degli utenti, i riflettori che si accendono addosso a chi sa richiamarli.

E Francesco Chiofalo sa bene come puntarli su di sé. Come far parlare di sé. Come, soprattutto, alzare sempre più l’asticella per essere spettacolare. Ecco, è tutto qui: rendere sensazionale il proprio aspetto perché solo così è riconoscibile, solo così si è riconoscibili. L’aspetto di Chiofalo è il suo format, è il suo modo di esistere sui social; è – in altre parole – il contenuto che porta su Instagram. Insomma, è responsabile ma anche vittima del suo corpo.

In pochi anni, ha ritoccato – per sua stessa ammissione – barba, sopracciglia, denti, naso, labbra, orecchie, occhi (tramite la cheratopigmentazione), arrivando a spendere più di centomila euro. Ed è evidente come non sia sufficiente, perché la curiosità, l’attenzione e l’interesse della gente sono destinati a svanire in fretta. E allora bisogna essere più sensazionalistici di così e sorprendere ancora più il pubblico, il quale – nonostante quasi sempre lo critichi – da lui non si aspetta altro che questo. E quindi Chiofalo ha rivelato che è pronto a tornare in sala operatoria per l’allungamento delle gambe.

Insomma, è un meccanismo perverso ed estremamente pericoloso, dal momento in cui il fine ultimo non è il raggiungimento della perfezione (di per sé utopistica e per questo insidiosa), ma l’approvazione. E l’approvazione, ai tempi dei social, non vuol dire soltanto ricevere gli applausi del pubblico, ma anche – per assurdo – la disapprovazione, gli insulti, le offese. Ciò che conta, in altri termini, è essere protagonisti prima che le luci si spengano.

Ripeto: non c’è alcun giudizio estetico. Non mi importa, e non credo importi a qualcuno il mio pensiero sull’aspetto di un personaggio social. Quello che vorrei sottolineare è come i social ci abbiano resi vittime dell’urgenza di esistere attraverso gli altri, attraverso l’attenzione e la considerazione (buona o cattiva) degli altri. Solo che, per finire negli occhi di chi ci guarda, dobbiamo diventare appetibili, invitanti, disprezzabili, ma comunque unici.

La perfezione non basta più

Forse abbiamo addirittura superato lo stereotipo della perfezione: ce n’è talmente tanta in giro, che oggi non basta più. Per “perfezione”, intendo le vita che gli influencer ci mostrano ogni giorno: famiglie da copertina, matrimoni da favola, figli impeccabili, insomma, vite artificiali, finte, inarrivabili. Per non parlare dei corpi, spesso identici l’uno all’altro.

Insomma, la perfezione non va più di moda, ma non è una buona notizia: ora serve alzare l’asticella e superarla. Chiofalo ha capito come si fa e, anche mettendo a repentaglio la propria vita, continua ostinatamente a inseguire il suo scopo: conservare uno spazio sui social, quindi nella vita del pubblico.

Il gioco vale la candela? Conosciamo già la risposta, almeno spero.

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