Sul trono dagli anni ’50, è, era, un personaggio globale. Una sovrana che ha fatto la storia, nella sua più realistica accezione. Se ne va alla veneranda età di 96 anni, dopo aver visto il governo di 15 primi ministri e susseguirsi sette Papi al Vaticano. E festeggiato (anche) il Giubileo di platino. Piglio, devozione alla Patria e vestiti color pastello con cappellini en pendant, ma non tutti ricordano di Elisabetta II un discreto spirito ambientalista, misto però al suo hobby preferito: la caccia
Indice
Elizabeth Alexandra Mary nacque a Londra nell’aprile del ‘26, primogenita del principe Albert (che sarà incoronato poi Re Giorgio VI) e della moglie Elizabeth Bowes Lyon, dalla quale Elisabetta erediterà il nome. Per un puro capriccio del destino, Mummy o Granny o Lilibet (ma da quando è morto l’amato Filippo nessuno più aveva il permesso di chiamarla così), è salita al trono nel 1952 e incoronata nel 1953.
Il suo è – ad oggi – il regno più lungo della storia inglese sul Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e sugli altri stati del Commonwealth. Nel 2015 superò la durata del regno della regina Vittoria e quest’anno aveva compiuto il giro della boa dei settant’anni sul trono, il cosiddetto Giubileo di platino.
Ne ha vista di storia passare, dunque, Elisabetta II, e se nel 1956 era lì ad inaugurare quella che venne definita la “più grande centrale nucleare del mondo” (sotto, un storico spezzone dell’Istituto Luce), la cosa probabilmente già la diceva lunga.
Betty e il suo spirito ambientalista (ma non troppo)
Nel corso dei suoi 7 decenni di regno non ci ha fatto mancare, di contro, qualche chicca puramente ambientalista.
Al netto, e questo va detto, del passato colonialista del Regno Unito, questione acerrima che nel Commonwealth ha ancora dolorosi strascichi, tanto che solo poco tempo fa la senatrice australiana Lidia Thorpe l’aveva definita senza mezze misure una “colonizzatrice”.
Intanto, ancora rimbombano nelle orecchie le sue irriverenti quanto opportunissime parole:
È davvero irritante quando parlano, ma non fanno nulla.
Sentenziava infatti quasi esattamente un anno fa mentre parlottava con la presidente del Parlamento del Galles, Elin Jones, della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26) di Glasgow.
Forte fu il suo monito quando alla stessa Cop26 si rivolse ai leader mondiali con un sonoro:
Il tempo delle parole è ora passato al tempo dell’azione.
Ma pare che la sovrana, in realtà, abbia sempre avuto un certo spirito sensibile all’ambiente. Saranno stati i tempi che gliel’hanno imposto, sarà perché davvero era lungimirante, sta di fatto che a corte avrebbe sempre dettato una linea attenta agli sprechi (i biografi ufficiali raccontano che, durante la notte di Natale, la Regina chiede anche di raccogliere la carta da regali in modo da riutilizzarla) e di recente aveva promesso di agire per abbassare l’impatto ambientale degli spostamenti della famiglia reale.
Il giardino e le api
Buckingham Palace, The Palace, rimane un sogno, la meta più ambita del turismo globale. Sarà il fascino, la curiosità, la suggestione che incute e che riguarda gli ambienti della Corte e della famiglia reale. Ma non tutti sanno che il Palazzo custodisce il più grande giardino privato di Londra: 17 ettari di territorio con oltre mille alberi e 325 specie di piante selvatiche, tra cui 98 platani, 85 specie diverse di quercia e circa trenta specie di uccelli nidificanti.
Una immensa riserva che ospita quattro arnie con centinaia di api. Per questo gli insetti impollinatori sono in grado di produrre scorte di miele a chilometro zero per l’intera Royal Family.
This #WorldBeeDay, let’s create a buzz around these vital pollinators, & celebrate the role they play in our ecosystems:
🌸 Nearly 90% of the world’s wild flowering plants depend entirely, or in part, on animal pollination
🌾 As do 75% of the world’s food crops pic.twitter.com/ld2fw1iEjF
— The Royal Family (@RoyalFamily) May 20, 2020
Addio alle pellicce
Sua Maestà si guadagnò una strizzatina d’occhio da parte degli animalisti quando, nel 2019, dal palazzo reale si alzò forte il grido:
The Queen goes cruelty free.
Qualsiasi nuovo capo realizzato per sua Maestà Elisabetta che richieda inserti in pelliccia, compresi cappotti, cappelli e abiti da cerimonia, da allora è sintetico ed ecologico. La Regina decise, insomma, di non avere più pellicce fatte a discapito degli animali.
A rivelarlo fu Angela Kelly, la designer della regina, che nel suo memoir The Other Side of the Coin: The Queen, the Dresser and the Wardrobe raccontò che in realtà da quest’anno Elisabetta II indosserà pellicce vere soltanto nelle occasioni ufficiali, come l’ermellino per l’apertura annuale del Parlamento, e che il cambio di direzione riguarderà solo i nuovi indumenti.
Un passo avanti e uno indietro, quindi, ma gli animalisti applaudirono comunque allo sforzo verso un abbigliamento più sostenibile.
Ne parlammo qui: La regina Elisabetta non indosserà più pellicce vere, la svolta animalista di Buckingham Palace
Gli sprechi a corte
Dalle pagine dell’Independent sembra chiara una cosa: The Queen avrebbe sempre apprezzato uno stile di vita semplice, che le sarebbe valso negli anni un certo successo in fatto di tutela ambientale in mezzo a cotanto sfarzo, promettendo pubblicamente di “cambiare il modo in cui facciamo le cose”.
Così, se i biografi di corte raccontano aneddoti che vedono Sua Maestà fare ogni sera il giro di Buckingham Palace per spegnere le luci nelle stanze vuote e riciclare la carta dei regali, è un dato di fatto che la sua dimora ricavi il 40% dell’energia elettrica da due turbine idroelettriche nel Tamigi.
Negli ultimi anni, poi, le lampadine a incandescenza sono state sostituite dai led e i consumi sono monitorati da contatori intelligenti, mentre per gli spostamenti, la royal family ha a disposizione una flotta di auto ibride.
Oh, ma sorry my darling, come la mettiamo con le 3.344 tonnellate di CO2 che, secondo le stime della Bbc al 2018, la famiglia reale spende ogni anno per i suoi viaggi ufficiali, spesso a bordo dei famigerati elicotteri e jet privati?
La passione per i cani, per i cavalli… e per la caccia
L’amore di Elisabetta per i cani, soprattutto i Corgi, è stato assai esemplare e così noto che questa razza canina viene ormai soprannominata da tutti “il cane della Regina”: già i genitori della regina possedevano cani di questa razza e, sin da quando era ragazzina, Lizzy ha sempre voluto al suo fianco almeno un cane Corgi.
Ovviamente, sono stati molti gli esemplari che si sono susseguiti negli anni del suo lunghissimo regno – più di trenta dall’inizio della sua monarchia, nel 1952.
Solo ultimamente, la Regina ha rotto con la tradizione che l’aveva vista accompagnata da corgi sin dalla fanciullezza e adottare un cane di razza Cocker. Rigorosamente di razza. E anche qui, nell’arco della sua lunga vita, avremmo apprezzato l’inserimento a corte di un meticcio o di un trovatello.
Ne parlammo qui: Il nuovo cane della Regina Elisabetta non è un Corgi, ma un Cocker (e lo ha chiamato come lei)
Ok l’amore per gli animali, ma la caccia?
Proprio così: Lilibet e suo marito Filippo (noto per i suoi safari in mete esotiche) nutrivano un certo interesse per la caccia (tra l’altro raccontato benissimo nella serie “The Crown” su Netflix), forte delle immense tenute (proprio come quella di Balmoral in Scozia in cui la Regina è morta o Sandringhamin Norfolk, nell’Inghilterra orientale), in cui animali come ungulati e uccelli vengono liberati appositamente per essere cacciati dai nobili.
Una foto storica del 1960 in Principe e consorte posano insieme davanti alla carcassa di un povero esemplare appena impallinato. Roba che oggi, coi social, non la passerebbe liscia.
Beh, ora fai buon viaggio, Elizabeth Alexandra Mary, e auguriamo a Carlo III la capacità e la caparbia di dare un segno decisivo e in nome della sostenibilità ambientale la cui idea probabilmente già lo contraddistingue a questo disastroso e impegnativo nuovo millennio.
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