Dei neo-laureati in ingegneria agraria hanno tenuto un discorso contro le multinazionali (e non solo): “non vogliamo questa laurea per partecipare alla distruzione sociale e ambientale del pianeta”
“Questi lavori sono distruttivi. Sceglierli è nuocere, servendo gli interessi di pochi”, così una cerimonia di laurea si è trasformata in un monito: cambiamo direzione e rifiutiamo un lavoro incompatibile con l’emergenza climatica!
Loro sono 8 studenti della Grande Ecole AgroParisTech di Parigi e la seduta della loro laurea, il 30 aprile scorso, si è trasformata in un invito ai propri compagni ad abbandonare i classici percorsi tracciati dalla scuola di ingegneria agraria e a fuggire dall’agrobusiness.
Un discorso meraviglioso, che ha fatto in breve tempo il giro del web.
Molti di noi non vogliono fingere di essere orgogliosi e meritevoli di ottenere questo diploma al termine di una formazione che generalmente spinge a partecipare alle devastazioni sociali ed ecologiche in atto – così esordisce uno dei ragazzi dal palco della Salle Gaveau a Parigi, subito in disaccordo con il nuovo motto di AgroParisTech: non ci consideriamo i talenti di un pianeta sostenibile.
Le accuse all’agroindustria
I giovani laureati denunciano subito “l’agroindustria che fa guerra ai vivi e ai contadini ovunque sulla terra” e confutano l’idea che scienza e tecnologia siano “neutre e apolitiche”.
Crediamo che l’innovazione tecnologica e le start-up non salveranno altro che il capitalismo.
Poi, una ad una, denunciano tutte le “opportunità” presentate durante il loro corso: “traffico in laboratorio di piante per multinazionali”, “progettare cibi e poi le terapie per poi curare le malattie provocate”, “inventare etichette”, “sviluppare cosiddette energie verdi”, “stilare rapporti CSR”.
Scegliere è fare del male, servendo gli interessi di pochi.
Rifiutandosi di “servire questo sistema”, gli otto studenti invitano i loro compagni a cercare altri percorsi e costruire i “propri percorsi”.
E per citare i propri impegni: uno è in procinto di avviare un progetto di apicoltura, un altro ha vissuto “per due anni allo ZAD di Notre Dame des Landes (Zone à defendre, ndr)” dove “fa agricoltura collettiva e di sussistenza” e un altro ragazzo ancora racconta di combattere contro l’energia nucleare vicino a Bure.
Modi di vita che credono li renderanno più forti e più felici.
E ce n’è per tutti! A coloro che esitano a intraprendere altre strade come loro, i giovani ingegneri chiedono: “ma che vita vogliamo? Un boss cinico, uno stipendio che ti permette di volare, un prestito di 30 anni per un mutuo, un SUV elettrico?”.
La replica dell’AgroParisTech
Secondo AgroParisTech, la cerimonia di laurea del 30 aprile scorso ha dimostrato che “l’istituto ha compiuto la sua missione. Ovvero aiutare gli studenti a scegliere il significato che desiderano dare ai propri studi e alla propria carriera professionale”.
Tra i nostri laureati, alcuni lavorano nella ricerca, nelle cooperative agricole , altri si configurano come agricoltori , entrano a far parte di aziende agroalimentari di ogni dimensione, altri ancora creano start up, attuano politiche pubbliche al servizio delle transizioni, si investono professionalmente nei campi della salute e della nutrizione umana, gestiscono e tutelano gli ambienti naturali e forestali o lavorare per recuperare biomassa, scrivono in una nota stampa.
Il discorso è diventato talmente virale che e è stata organizzata una manifestazione proprio su questi temi che si terrà il 21 maggio a Parigi.
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Fonti: Youtube / AgroParisTech
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