Cos’è questa storia della statua a Stintino che ritrae una donna di conforto coreana (che ha fatto infuriare i giapponesi)

Donne di conforto: da simbolo di memoria a oggetto di scontro la statua in memoria delle donne che furono costretta a prostituirsi

A Stintino, in Sardegna, una statua ha fatto arrabbiare l’ambasciata giapponese. Il motivo? Donata da una fondazione sudcoreana al Comune, rappresenta una delle migliaia di donne che furono costrette a prostituirsi con i soldati giapponesi durante la Seconda guerra mondiale. E no, evidentemente ai giapponesi non va di genio la targa che accompagna la scultura.

Eppure quella statua è dedicato a quelle che passarono alla storia come comfort women, da noi conosciute come “donne di conforto”: quelle quasi 200mila donne e ragazze che furno arruolate con la forza al solo scopo di soddisfare i bisogni sessuali dell’esercito imperiale giapponese.

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Una ferita ancora viva nonostante il Giappone abbia riconosciuto i propri crimini già nel 1992 e nonostante pochi anni fa abbia ammesso ufficialmente il coinvolgimento delle alte sfere militari nei campi di prostituzione, tanto che l’inaugurazione della statua a Stintino ha attirato l’attenzione proprio dell’ambasciata giapponese.

Quello delle “donne di conforto” è di fatti una questione sulla quale Giappone e Corea del Sud si sono più volte scontrate nel corso degli anni. Molte delle vittime ancora in vita sostengono che il Giappone non abbia mai fatto abbastanza per compensare quelle violenze alla Corea del Sud, mentre nel Paese nipponico è nato finanche un movimento conservatore che tende a minimizzare l’entità di quelle violenze o addirittura a negarle.

E così, nei giorni scorsi, l’ambasciatore in Italia Satoshi Suzuki ha incontrato la sindaca Rita Vallebella per chiederle di rimandare l’evento e di ripensare la targa che accompagna la scultura, che contiene un passaggio in cui si sostiene che il Giappone non abbia riconosciuto i propri crimini e non abbia mai risarcito le famiglie delle donne violentate.

Vallebella si dice “pronta ad appurare” la posizione ufficiale della Corea del Sud perché “ho interesse che le notizie siano date in maniera corretta“.

Ma intanto nel post del Comune:

La scultura raffigura una giovane donna coreana seduta su una sedia, con accanto un’altra sedia vuota. Questo potente simbolo intende commemorare le vittime delle atrocità perpetrate durante la seconda guerra mondiale e sensibilizzare il pubblico sui diritti delle donne a livello globale. La presenza della sedia vuota rappresenta le vittime non più presenti e le speranze non ancora realizzate.

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