La battaglia per l'attribuzione del cognome materno portata avanti dalle donne per decenni potrebbe diventare legge
Il 15 febbraio la Commissione Giustizia del Governo italiano si è riunita al Senato per esaminare una proposta di legge che le associazioni di tutto il paese a sostegno dei diritti delle donne e della parità dei sessi attendono da troppo tempo. Si tratta di un ordinamento giuridico che, se approvato, consentirebbe di dare ai figli il cognome della madre per il quale le donne italiane si battono e manifestano, inascoltate, da oltre 40 anni.
A diffondere il Comunicato stampa è l’UDI, Unione Donne in Italia, che rivendica il diritto al cognome materno in una società maschilista dove esporre l’identità della madre è sempre stato considerato uno scandalo. La legge italiana prevede infatti secondo articolo 262 del codice civile che al figlio venga trasmesso il cognome del padre come riconoscimento formale della paternità, principio che però non vale per la madre. La donna possono dare ai nascituri il proprio cognome solo al di fuori del matrimonio se sono le prime a riconoscere l’infante.
Un passo avanti nella tortuosa strada verso l’uguaglianza di genere era stato fatto nel 2016 quando a Genova il caso di una famiglia con doppia cittadinanza aveva fatto scalpore vista l’impossibilità di trasmettere anche il cognome della mamma al bimbo, “anche”. La Corte Costituzionale dichiarò allora incostituzionale l’articolo 262 c.c., permettendo di attribuire il doppio cognome a tutti i bimbi nati o adottati dal 28 dicembre 2016.
Ma quando la possibilità dell’attribuzione diretta riguarderà solo la madre? Questo è quanto chiede l’UDI.
Vogliamo che questo sia alla nascita senza necessità di accordi e concessioni tra coniugi.
È tempo di verità, che i figli portino i segni di coloro che li hanno generati e che il loro nome sia una storia e non un attestato di proprietà.
scrivono le appartenenti di Unione Donne in Italia, augurandosi presto una svolta legislativa che non si protragga ad kalendas graecas e che non vada vista come un contentino, ma come un “enorme credito che le donne hanno da riscuotere”, come si legge sui social di UDI.
Fonte: UDI
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