“Cimitero Mediterraneo”: quei corpicini inermi sulla spiaggia di Crotone che non devono morire invano

Neonati, bambini di pochissimi anni di vita, che ora dovrebbero stare al sicuro tra le braccia di mamma e papà. Un porto sicuro. Che avrebbero dovuto avere una vita felice e serena e che invece hanno trovato la morte davanti alle nostre spiagge. Quasi giunti a destinazione, ma non ancora abbastanza. Bambini che toccano il profondo del nostro cuore. I loro corpicini inermi sono un grido di giustizia. In fondo, dei morti, di questi e dei 25mila che li hanno preceduti nel “cimitero Mediterraneo”, non interessa a nessuno. Chi erano. Cosa hanno lasciato e cosa speravano di trovare. Carichi di speranze, spezzate come il barcone che li trasportava

Se si cerca qualcosa sui tabloid degli altri Paesi, si scopre che in realtà esiste già una (macabra) pagina di Wikipedia inglese: “2023 Calabria migrant boat disaster” si intitola, a imprimere nella mente di chi passa sbadatamente nel web le parole migranti e disastro. E non solo: children è l’altra parola chiave che si trova stamattina ovunque, quasi a dimostrare agli occhi del mondo che l’umanità ha nuovamente fallito.

È strage, sì. È un massacro. Ma è anche presa di coscienza (forse, e non per tutti) di quanto sbagliate siano le prese di posizione, le politiche di non accoglienza, i rimpalli e gli scarica barile.

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Alle prime luci dell’alba di ieri, domenica 26 febbraio, il mare era in tempesta. Un vortice di acqua e vento e gelo e giacche sistemate alla buona così i piccoli non prendono freddo. Ma quella barca lì, che trasportava persone e non cose, si è spezzata in due in quel vortice di morte, mentre cercava di arrivare almeno alla spiaggia della frazione di Steccato di Cutro, nel crotonese. Sì, in Calabria. A un passo da noi, su quelle rive di mare cristallino che in estate riempiamo. Ricchi e indifferenti, le borse colme di benessere.

Al momento in cui scriviamo, 62 sono i cadaveri recuperati, un numero imprecisato quello delle vittime da recuperare ancora. E tra loro una marea di bambini. Quattordici sono i corpi messi via sul pavimento freddo di un primo punto di soccorso, sacchi bianchi e cerniere lampo, tra cui due gemellini di pochi anni e un piccolo di pochi mesi. Solo in 82 si sono salvati, mentre, dal punto di vista giudiziario, alcune persone sarebbero state fermate con l’accusa di essere stati gli scafisti dell’imbarcazione.

Il barcone di legno era partito quattro giorni prima da Izmir, in Turchia, con un carico di cittadini iracheni, iraniani, afghani e siriani. Era partito e, come già accaduto, si è scagliato contro le onde del mare e contro gli scogli. E contro l’indifferenza di chi avrebbe il potere di fermare tutto ciò e invece volta le spalle.

Le stragi continue di bimbi

Da inizio anno sono un centinaio gli sbarchi e migliaia i migranti approdati nel tratto di costa tra Crotone e Roccella Jonica: dunque anche questa strage poteva essere evitata eccome. Ma c’è da scommetterci che, tra le decine di cadaveri e corpicini recuperati e altre decine ancora dispersi, si continuerà a chiudere gli occhi e a tappare le orecchie, continuando ahinoi su questa strada fin tanto che le politiche europee, sbarrando i canali legali, abbandoneranno i migranti sulle rotte illegali e ostacoleranno le navi di soccorso.

Tra le prime dichiarazioni è arrivata quella del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi le cui uniche parole sono state: “fermare le partenze“. Ma, soprattutto in assenza di canali di ingresso legale, quale possibilità ci potrà mai essere? Ne sono testimonianza i numeri: dall’inizio del 2023, con un Governo di assoluta destra, gli arrivi via mare si sono moltiplicati: quasi 15mila a fronte dei circa 5mila dello stesso periodo 2022.

Gli sbarchi, quindi, aumentano in un mare senza più soccorsi e le vittime del Mediterraneo rischiano di aumentare e aumentare ancora.

Quelle di Crotone sono solo le ultime di una lista di esempi infinita e l’immagine dei primi soccoritori che, immersi nell’acqua tra le onde mostruose, sollevavano i corpi dei bambini difficilmente la dimenticheremo. O forse no? Finirà nel vuoto della nostra memoria anche questa sciagura, esattamente come è accaduto con Alan Kurdi, per dire una.

Perché, diciamocelo, in fondo in fondo dei morti, di questi e dei 25 mila che li hanno preceduti nel “cimitero Mediterraneo”, interessa davvero a poche persone. E della società civile più che delle istituzioni- Nel giro di poche ore si spegneranno ancora una volta le domande su chi erano e cosa portavano con loro quei bambini. Rimarrà solo l’eco delle coscienze di chi non ha fatto nulla per impedirlo.

La salvezza era a 150 metri nel momento in cui quella barchetta di legno è stata trascinata dalla forza del mare in una zona di secca e ha colpito degli scogli. Uno dei bambini aveva appena 7 anni, a tenerlo in alto, fuori dall’acqua, erano lo zio e il fratello maggiore.

Dove sono i nostri figli? Siamo venuti fino a qui per vederli morire, urlava qualcuno.

Grida disgraziate di chi non aveva nulla e col nulla è finito sotto al mare, inghiottito in una gelida mattina di febbraio. Inghiottito da un mondo che va alla rovescia, che resta sgomento per un attimo e poi si gira dall’altra parte.

Il decreto anti-ONG

Le ONG intanto, impegnate nei salvataggi nel Mediterraneo centrale fanno sentire la loro:

Non sono tragedie, sono il risultato di precise scelte politiche. Chi oggi esprime cordoglio, dopo aver voluto un decreto che ferma i soccorsi, non ha alcun rispetto per la vita di queste persone vulnerabili, attacca Open Arms.

Intollerabile che l’unica via d’accesso all’Europa sia il mare. L’assenza di una missione di ricerca e soccorso europea è un crimine che si ripete ogni giorno, dicono da Sea-Watch, mentre Medici senza frontiere mette a disposizione il suo team per attivare un primo soccorso psicologico per i sopravvissuti.

A noi sembra una autentica criminalizzazione delle ONG che stentiamo porti da qualche parte. Anzi, non è di certo il soccorso umanitario ad attrarre la migrazione, ma piuttosto le gravi situazioni nei Paesi di partenza. Nel disinteresse generale si continua colpevolizzare chi o che cosa. In mare muoiono le persone, i bambini, e i nostri valori vanno a picco con i loro corpi.

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