“Ciamà l’erba”: in Valtellina i bambini risvegliano la primavera scuotendo campanacci mentre corrono per i prati

Un antico rituale di origini contadine, che si celebra a inizio marzo soprattutto in Valtellina e in Valchiavenna, per risvegliare la natura

Nelle valli lombarde tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo si celebra un curioso rituale di antiche origini contadine che vede protagonisti bambini e ragazzi, il cui compito è correre per i prati risvegliando la primavera a suon di campanacci.

Da qui il nome della tradizione, “ciamà l’érba”, un tempo strettamente legata al ciclo delle stagioni e alla sopravvivenza delle famiglie, che dipendevano in gran parte dai buoni raccolti. Il suono dei campanacci, che richiama l’arrivo delle mucche, ricorda infatti all’erba del prato che è ora di risvegliarsi perché l’inverno è ormai terminato.

La tradizione è diffusa soprattutto in Valtellina e in Valchiavenna e ogni paese la rivisita a modo proprio. A Teglio, spiega Parrocchia S. Eufemia, il campanaccio viene agganciato alla cintura mentre nella contrada di S. Rocco si impugnano due campanacci con le mani. Il suono di conseguenza risulta diverso.

A Lanzada, comune situato in Valmalenco, la tradizione ricorre il primo di marzo, giorno della “Festa dei Sampugn”, anche noto come “andà a ciamà l’erba” (andare a chiamare l’erba), spiega l’Ecomuseo locale. Un tempo i bambini si recavano a scuola accompagnati dai propri campanacci, mentre oggigiorno ci si limita a una sfilata lungo le vie del paese per poi ritrovarsi la sera a mangiare prelibatezze locali.

Nel libro “Giochi della tradizione in Val San Giacomo”, Maura Cavallero descrive così la tradizione:

Così al primo di marzo, alle avvisaglie della primavera, i bambini (erano di solito solo i maschi) andavano nei prati a «chiamare l’erba», pronunciando formule che variavano a seconda delle località, con grandi suoni di campanacci. Ricevevano in cambio farina gialla, burro e formaggio, che costituivano gli ingredienti per una polenta taragna che veniva consumata, tutti insieme, presso una famiglia prescelta. La farina avanzata veniva venduta e il ricavato pagava una Messa di suffragio per i defunti.

Anche se l’usanza è scomparsa per anni, grazie ad alcuni volontari e a diverse associazioni è stata fortunatamente riscoperta e oggigiorno continua a essere celebrata in vari paesi della Valtellina e della Valchiavenna.

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FONTI: Parrocchia S. Eufemia/Paesi di Valtellina

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