Violenza sulle donne e non solo: nella maggioranza dei casi i minori assistono e, non di rado, quelle violenze le subiscono direttamente. Un cerchio di botte e di sofferenze atroce e infernale che ha traumi per tutti
Madri, sorelle, lavoratrici, figlie, mogli, compagne. È arrivato il 25 novembre, lor signori, e per tutti, oggi, siamo finalmente donne. Su il velo dell’ipocrisia: oggi, soltanto oggi, siamo quelle che subiscono violenze, umiliazioni, soprusi. E mettiamoci apprezzamenti di troppo, insulti gratuiti, stipendi più bassi, diritti silenziosamente negati. Continuo?
È dura, eh già, considerare il lato umano di questa condizione. Perché essere donna è una condizione, o almeno così ti fanno credere (e pesare). Essere donna è requisito sottaciuto per essere in qualche modo disprezzata, violata, subissata dagli orpelli orribili della mala cultura. È condizione di chi si è meritata un no, un appellativo, un nomignolo, una fesseria qualsiasi che però, se reiterata nel tempo, fa male. E come se fa male.
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Sui perché e i per come si riempiono i giornali per l’occasione, se ne parla un’oretta o forse due in qualche talk, nei casi dei femminicidi si studiano le mosse del killer e, per i più “eclatanti” (anche qui è da capire le priorità definite dalla massa mediatica), si seguono i processi talvolta anche faticando a togliere da un dubbio e da ogni accusa la parte femminile.
E, in tutto questo, si è mai pensato che in mezzo spesso ci sono i bambini? Che impatto possono mai avere le violenze domestiche sui minori presenti in casa? Quello che in molti ancora ignorano è che le violenze domestiche contro le donne sono cresciute durante la pandemia. Motivo per cui, loro malgrado, il più delle volte anche i minori erano presenti, costretti ad assistere e spesso a subirle direttamente.
Botte, lividi e di mezzo i bambini
Nel periodo della piena pandemia è registrato un picco delle violenze contro le donne in ambito familiare. Una crescita testimoniata dalle chiamate al 1522, dai contatti ai centri antiviolenza e dai dati dei pronto soccorso.
Questi i numeri nello specifico: 16.272 chiamate da vittime al 1522 nel 2021: +3,6% sul 2020 e +88,2% sul 2019.
Quando presenti, ne sono vittima anche i bambini, costretti ad assistere alle violenze: i bambini e i ragazzi nella stragrande maggioranza dei casi assistono alle violenze e in diversi casi ne sono vittima in prima persona.
Oltre il 50% delle vittime di violenza, infatti, hanno figli: il 51% nel 2021 e il 54% nei primi 3 mesi del 2022. A loro volta, circa la metà delle vittime con figli è genitore di un minore di 18 anni.
La casistica più frequente è quella dove la vittima con figli indica che questi non hanno subito direttamente la violenza, ma hanno assistito a quella perpetrata. Seguono le situazioni in cui viene dichiarato che i figli non assistono e non subiscono, quelle non note e quelle in cui i figli sono sia vittime che testimoni della violenza al proprio genitore.
Quali sono le conseguenze?
La conseguenza più spesso segnalata per i figli che assistono è l’inquietudine (421 casi su 1.602 nel primo trimestre 2022), seguita dall’aggressività (85 casi), da comportamenti adultizzati di accudimento verso i familiari (76) e dai disturbi del sonno.
Inoltre, solo in una minoranza dei casi queste situazioni portano a una denuncia. Si tratta di un aspetto cruciale, perché solo la possibilità di conoscere la situazione consente di intervenire in modo tempestivo e efficace, trasferendo la chiamata al servizio più utile, caso per caso. Dai centri antiviolenza alle forze dell’ordine, dai pronto soccorso al numero di emergenza per l’infanzia.
Cosa fare allora? Denunciare, rivalutare il ruolo dei centri antiviolenza e delle tutele garantite a chi subisce gli abusi, portare avanti un cambio di paradigma sociale e culturale profondo, che coinvolga tutti. Nessuno escluso.
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Fonte: openpolis
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