Neil Hopper, chirurgo specializzato in amputazioni, nel 2019 ha perso entrambi gli arti per una sepsi. Non ha comunque smesso di operare e ora si appresta a coronare un suo sogno: volare nello Spazio come para-astronauta.
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Quella di Neil Hopper è una storia di rinascita e rivincita. Il chirurgo specializzato in amputazioni, ha perso entrambi gli arti nel 2019 a causa di una sepsi. Ora però, a soli quattro anni di distanza, è nella rosa dei candidati per volare nello Spazio. L’Agenzia spaziale europea è infatti alla ricerca di un astronauta disabile e Hopper ha fatto domanda, cosa che potrebbe renderlo uno dei primi para-astronauti al mondo.
Il consulente chirurgo vascolare del Royal Cornwall Hospital Trust ha eseguito centinaia di amputazioni nella sua carriera. Poi, si è ritrovato lui stesso nella parte del paziente. Dopo aver perso le dita dei piedi e gran parte della pelle nella parte inferiore, l’amputazione della gamba era l’unica opzione possibile.
La domanda all’Agenzia spaziale europea
Hopper è protagonista di un nuovo documentario in lingua gallese “Drych: Camau Tua’r Sêr” che segue i suoi progressi verso la partenza per lo Spazio. Non sarà il primo para-astronauta dell’ESA, in quanto John McFall è stato selezionato nel novembre del 2022.
Il chirurgo, che è un fanatico dello Spazio oltre ad insegnare all’Università di Exeter, ha raccontato:
Quando ho visto l’annuncio dell’Agenzia spaziale europea per un para-astronauta, ho dovuto fare domanda. I criteri erano piuttosto specifici: dovevi avere un dottorato in ingegneria o medicina, dovevi avere una disabilità sotto il ginocchio e dovevi parlare una seconda lingua (ehi, il gallese!). All’inizio mia moglie Rachel pensava che fossi completamente pazzo!
I timori per le conseguenze psicologiche dell’amputazione
Hopper si è anche aperto sul suo passato. Ha spiegato di aver ricevuto il consiglio di cambiare carriera dopo aver perso le gambe nel 2019. Da allora, però, ha dato un contributo fondamentale al campo delle amputazioni.
Ricordo di aver immaginato l’operazione – operazioni che faccio di continuo – e di aver pensato che su di me sarebbero stati usati degli attrezzi elettrici. È stato davvero difficile da elaborare. Sono rimasto in ospedale per circa sei o sette settimane.
L’uomo era ben conscio di quelli che sarebbero stati i cambiamenti fisici del suo corpo, essendo la sua professione. Tuttavia faticava a capire quali sarebbero stati i cambiamenti di tipo psicologico, temendo che sarebbe stato difficile rientrare nella vita familiare.
Iniziavo a pensare che non sarei mai stato in grado di tornare al lavoro, di giocare a calcio con mio figlio, di portare a spasso il cane sulla spiaggia: questa era la mia mentalità. Ma una volta ottenute le gambe artificiali, le cose hanno iniziato a cambiare da un giorno all’altro, il futuro non sembrava più così cupo.
Hopper è riuscito a trasformare tutto ciò in un’opportunità di crescita
Nonostante le difficoltà e i pareri negativi di molti, era determinato a tornare al lavoro, per dimostrare che tutti si sbagliavano completamente. Hopper è riuscito così a trasformare un’esperienza negativa in un’opportunità di crescita umana e professionale:
Nel corso della mia carriera avevo sempre cercato di immaginare come fosse un’amputazione, quindi non mi aspettavo di ottenere una risposta. Non pensavo che avrei avuto la possibilità di vedere come ci si sente dall’altra parte. La mia esperienza mi ha fatto riflettere sul modo in cui comunico con i pazienti. Credo che mi abbia reso un medico migliore.
Ed ora è pronto a dare una svolta non solo nel “suo” campo medico, ma anche in quello astronautico.
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