Chiara Ferragni torna a fare adv pubblicizzando cosmetici vegani, ma quanto risulta credibile dopo McDonalds e le borse in coccodrillo?

Chiara Ferragni ha deciso di ripartire da un'azienda di cosmetici vegani, proprio lei che ha sempre esibito una vita molto poco cruelty free indossando pellicce vere, borse in pelle di coccodrillo e pubblicizzando anche McDonalds

Dopo mesi di inattività, a seguito degli “errori di comunicazione” legati al pandoro Balocco (errori che, ricordiamo, le sono costati una multa da un milione di euro da parte dell’antitrust e un’inchiesta per truffa aggravata per cui è tuttora indagata), Chiara Ferragni ha ricominciato a fare il suo lavoro, ossia l’influencer. È tornata, in altre parole, a fare adv, quindi a pubblicizzare prodotti – attraverso i suoi social – dietro lauto compenso. E fin qui, siamo tutti d’accordo, non c’è nulla di male.

Il problema, tuttavia, è il prodotto, anzi, i prodotti a cui Ferragni ha deciso di prestare il volto: si tratta di cosmetici vegani realizzati da una startup spagnola, Goa Organics. La prima questione da affrontare, quella più evidente e – almeno apparentemente – più rilevante, è l’incoerenza dell’influencer (e dell’azienda che l’ha scelta come testimonial): Ferragni, negli anni, ha indossato pellicce vere e borse di coccodrillo, non ha mai fatto mistero di mangiare carne e derivati, quindi ha pubblicizzato McDonald’s, Aia e prodotti Galbani, ha sempre utilizzato jet privati per le sue vacanze e ha addirittura fatto un aperitivo sui ghiacciai. Insomma, non è esattamente l’esempio virtuoso di una vita sostenibile, etica e green.

Chiara Ferragni “tradita” dalla sua stessa vita

Ma il discorso è un po’ più complesso di così. Le pubblicità esistono da sempre e da sempre c’è un volto che si presta a sponsorizzare un prodotto. Un volto, appunto, ossia un personaggio di cui sappiamo poco o nulla, che si limita a dare la propria immagine: a nessuno importa che sia coerente, perché nessuno sa chi sia al di là del lavoro che svolge. Il problema di Ferragni, come – del resto – di tutti gli influencer, è che il loro lavoro è la loro vita, anzi, l’esibizione della loro vita (e viceversa): il racconto che fanno di sé, dei figli e dei partner, sui social, diventa il loro marchio di fabbrica, ciò che li rende riconoscibili, appetibili, dunque spendibili sul mercato. Quindi, in che modo Chiara Ferragni, che si è sempre mostrata poco attenta e sensibile alla causa ambientalista e animalista, può essere credibile nel ruolo di rappresentante di prodotti vegani?

A guardare i commenti sul suo post non troppo:

chiara ferragni vegani

@chiaraferragni/INstagram

Era evidente a tutti (o quasi) che vivere costantemente con la videocamera dello smartphone puntata addosso, presto a tardi, si sarebbe rivelato controproducente: nell’esibire ogni cosa, Ferragni ha mostrato tutti i motivi per cui, oggi che tenta faticosamente di risalire la china, è inadeguata al ruolo che le è stato affidato. Ma c’è di più: proprio per lo stesso motivo, ovvero il fatto di aver sempre mostrato ogni aspetto della propria vita, deve aver pensato che la scelta più saggia da fare fosse quella di associare la propria immagine a una realtà vegan.

Perché Chiara Ferragni ha scelto di sponsorizzare prodotti vegani?

E qui, inevitabilmente, si spalanca una porta su un altro terreno scivoloso: la scelta di Ferragni di pubblicizzare un prodotto vegano sarà forse dettata dalla volontà di ripulire la propria immagine e, conseguentemente, di accostarla a una realtà eticamente virtuosa? Ho come l’impressione che i cosmetici di cui è testimonial non siano semplicemente il suo primo, vero lavoro dopo il pandoro gate, ma rappresentino innanzitutto la volontà di prendere le distanze dalla Chiara Ferragni di prima, costantemente circondata dal lusso, sconnessa dalla realtà e, soprattutto, distante da qualsiasi cosa non nutrisse il suo ego.

Insomma, la mia impressione è che Chiara Ferragni sia la prima vittima di se stessa e della vita che ha fatto finora, ma – in particolar modo – di una comunicazione del tutto sbagliata, approssimativa, da principiante: un prodotto vegano non è sufficiente a far dimenticare le immagini che la ritraggono con una pelliccia addosso, gli spot per McDonald’s o i viaggi sui jet privati. Ma è sufficiente a mettere in chiaro una cosa: Ferragni non sa fare la cosa per cui è diventata famosa, ossia la comunicazione, e la campagna per Goa Organics ne è solo l’ennesima, schiacciante prova.

Ferragni ha tutto il diritto di ripartire e anche di approfittare di una realtà vegan per mostrarsi in una veste nuova, più genuina, sensibile, etica. Ma c’è un però: l’esibizione della sua vita. Quella resta, quella non si dimentica. E, se finora è stata il suo lavoro, oggi rischia di essere ciò che il lavoro glielo toglie. È la dura legge del web e non c’è errore di comunicazione che tenga.

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