Era il 26 aprile 1986 quando un'esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl diede luogo a una nube di particelle radioattive che si diffusero in tutta Europa. L'incidente passò alla storia come il peggior disastro nucleare di sempre. A raccontare la devastazione di quei luoghi attraverso le immagini è stato il fotografo David McMillan
Era il 26 aprile 1986 quando un esplosione nella centrale nucleare di Chernobyl diede luogo a una nube di particelle radioattive che si diffusero in tutta Europa. L’incidente passò alla storia come il peggior disastro nucleare di sempre. A raccontare la devastazione di quei luoghi attraverso le immagini è stato il fotografo David McMillan.
Circa 350.000 persone furono evacuate dall’area che circonda la centrale elettrica nella cosiddetta “zona di esclusione”. In poche ore essi furono costretti a lasciarsi ogni cosa alla spalle. Non ebbero il tempo di preparare nulla, abbandonando case, uffici e scuole.
Luoghi che oggi, a distanza di 33 anni sono rimasti come allora, anche se il tempo li ha fortemente deteriorati.
Il fotografo David McMillan ha visitato le aree abbandonate e contaminate all’interno della zona di esclusione, inclusa la città di Pripyat, in Ucraina, più di 20 volte nel corso degli ultimi 25 anni, durante i quali ha scattato numerose foto.
Di recente le ha raccolte e pubblicate in un un libro dal titolo “Growth and Decay: Pripyat and the Chernobyl Exclusion Zone.”(linkaffiliazione)
Quando il fotografo visitò per la prima volta la città di Pripyat nel 1994, si aspettava che i suoi spostamenti fossero limitati. Solo 8 anni prima vi era stata l’esplosione del reattore. Eppure egli non solo fu libero di spostarsi da una parte all’altra ma riuscì anche ad avvicinarsi a distanza di pochi metri dalla centrale in cui avvenne il disastro.
Le foto mostrano quanto improvvisamente il tempo si sia fermato per i residenti di Chernobyl. Allo stesso tempo, raccontano cosa succede in un posto in cui non è rimasto nessuno. Esse offrono uno sguardo sorprendente di quella che oggi è una città fantasma. Eppure Pripyat una volta ospitava circa 50.000 persone.
“Dev’essere stata bellissima”, ha detto McMillan, che ha studiato le immagini d’archivio della zona. “All’epoca era considerata una delle città più raffinate in cui vivere nell’Unione Sovietica: c’erano molte scuole, ospedali e strutture per lo sport e la cultura, quindi era una specie di città vetrina”.
Luoghi oggi abbandonati, caduti vittima di intemperie, ruggine e saccheggi.
Nelle scuole erano ancora presenti i registri degli insegnanti, i libri di testo, le illustrazioni degli studenti.
Gli edifici sembrano vere e proprie capsule temporali in cui il passato si è cristallizzato e oggi, oltre 30 anni dopo, le foto ci mostrano com’era la città prima che la radioattività la divorasse.
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Francesca Mancuso
Foto: David McMillan via CNN