Ci si è ingrandito il cervello dopo che abbiamo fatto estinguere i grandi animali. Lo studio

Secondo un nuovo studo gli esseri umani l'estinzione dei grandi animali è correlata alla crescita del cervello umano

E’ colpa nostra, da sempre. L’impatto umano sulla Terra e sui suoi abitanti, che sia razionale o meno, dettato dall’istinto di sopravvivenza o no, da millenni produce effetti sulla Natura. Ora, un nuovo studio condotto dagli scienziati dell’Università di Tel Aviv sembra aver dimostrato che gli esseri umani si sono sviluppati come cacciatori di grandi animali, causando la loro ultima estinzione. Dopo tale evento, il loro cervello ha iniziato a crescere di volume, a vantaggio delle capacità cognitive.

Il nuovo articolo del Dr.Miki Ben-Dor e del Prof.Ran Barkai del Dipartimento di Archeologia Jacob M. Alkow dell’Università di Tel Aviv propone dunque una spiegazione unica e originale per l’evoluzione fisiologica, comportamentale e culturale della specie umana, dalla sua prima apparizione circa due milioni di anni fa, alla rivoluzione agricola (intorno al 10.000 a.C.).

Secondo il documento pubblicato sul Quaternary Jorunal, da quando l’uomo è diventato cacciatore di grandi animali, causandone l’estinzione, il suo cervello ha iniziato a crescere per adattarsi alla caccia di animali più piccoli e veloci. In questo modo, l’essere umano ha sviluppato capacità cognitive più elevate, evidenziate dal cambiamento evolutivo più evidente: la crescita del volume del cervello da 650 cc a 1.500 cc.

Finora, non c’è stata una spiegazione unica e convincente capace di spiegare questo fenomeno. Negli ultimi anni sono state trovate sempre più prove del fatto che l’uomo abbia avuto un ruolo importante nell’estinzione di animali di grossa taglia. Di conseguenza ha dovuto adattarsi alla caccia di selvaggina più piccola, prima in Africa e poi in tutte le altre parti del mondo. Nel continente africano quando apparvero per la prima volta gli esseri umani, circa 2,6 milioni di anni fa, la dimensione media dei mammiferi terrestri era di circa 500 kg. Poco prima dell’avvento dell’agricoltura, tale numero era sceso drasticamente del 90%.

Secondo i ricercatori, la diminuzione delle dimensioni della selvaggina e la necessità di cacciare animali piccoli e veloci hanno costretto gli esseri umani ad affinare l’astuzia, un processo evolutivo che ha richiesto un aumento del volume del cervello e che alla lunga ha portato anche allo sviluppo di un linguaggio utile a scambiare informazioni sulle prede. Secondo il nuovo studio, tali capacità avevano tutte un obiettivo: la conservazione dell’energia corporea.

Per gli scienziati, durante la maggior parte della loro evoluzione, i primi esseri umani erano predatori all’apice specializzati nella caccia di animali di grandi dimensioni. Rappresentando la maggior parte della biomassa disponibile, tali animali hanno fornito agli esseri umani alti livelli di grasso, una fonte di energia essenziale e hanno consentito un ritorno di energia maggiore rispetto alla selvaggina più piccola. In passato, sei diverse specie di elefanti vivevano in Africa, costituendo più della metà della biomassa di tutti gli erbivori cacciati dagli esseri umani. Ma le prime prove trovate nella parte orientale del continente sembrano indicare che l’homo sapiens sia emerso lì solo dopo un significativo calo del numero di specie di elefanti.

“Correliamo l’aumento del volume del cervello umano con la necessità di diventare cacciatori più intelligenti”, spiega il dottor Ben-Dor. “Ad esempio, la necessità di cacciare dozzine di gazzelle invece di un elefante ha generato una pressione evolutiva prolungata sulle funzioni cerebrali degli esseri umani, che ora stavano consumando molta più energia sia nei processi di movimento che di pensiero. La caccia ai piccoli animali, costantemente minacciati dai predatori e quindi molto veloci a spiccare il volo, richiede una fisiologia adatta alla caccia e strumenti più sofisticati. L’attività cognitiva aumenta anche poiché il rilevamento rapido richiede un processo decisionale rapido, basato su una conoscenza fenomenale del comportamento degli animali, informazioni che devono essere archiviate in una memoria più ampia “.

E’ emerso anche che verso la fine dell’età della pietra, quando gli animali diventarono ancora più piccoli, gli umani dovettero dedicare più energia alla caccia di quanta ne potessero ottenere. Ciò coincide con la rivoluzione agricola. Quando gli esseri umani si sono trasferiti in insediamenti permanenti e sono diventati agricoltori, le dimensioni del loro cervello sono diminuite fino al volume attuale di 1300-1400 cc.

“Mentre il cervello dello scimpanzé, ad esempio, è rimasto stabile per 7 milioni di anni, il cervello umano è triplicato, raggiungendo le sue dimensioni massime circa 300.000 anni fa. Oltre al volume del cervello , la pressione evolutiva ha indotto gli esseri umani a usare il linguaggio, fuoco e strumenti sofisticati come arco e frecce, adattando le braccia e le spalle ai compiti di lancio e il loro corpo all’inseguimento prolungato” ha aggiunto il prof. Barkai.

Purtroppo, se da una parte ciò ha permesso all’uomo di evolversi per sopravvivere, ciò ha causato l’estinzione di massa di animali di grandi dimensioni. Una costante che per gli scienziati di Tel Aviv è tutt’altro che casuale.

“Ovunque apparissero gli esseri umani, che si tratti di homo erectus o homo sapiens, vediamo, prima o poi, l’estinzione di massa di animali di grandi dimensioni. La dipendenza da animali di grandi dimensioni aveva il suo prezzo” concludono gli scienziati.

La storia si ripete ancora oggi, ma questa volta l’estinzione non è legata alla nostra sopravvivenza. Gli animali, di piccole e grandi dimensioni, si stanno estinguendo a causa delle pressioni umane sui loro habitat.

Fonti di riferimento: Quaternary Journal, Phys.org

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