I bambini coraggiosi che hanno portato in causa Nestlé, Mars e le multinazionali del cacao per sfruttamento minorile

Otto uomini del Mali hanno iniziato una causa senza precedenti contro le multinazionali del cioccolato: affermano di essere stati trafficati e costretti a raccogliere cacao da bambini.

L’industria del cacao dipende dal lavoro minorile e qualcuno sta tentando di rompere lo status quo. Lo scorso 12 febbraio, l’International rights advocates (IRAdvocates) – organizzazione per la difesa dei diritti umani con sede a Washington D.C., negli Stati Uniti – ha intentato un’azione legale dinanzi al tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto di Columbia per conto di otto uomini del Mali, i quali affermano che da bambini sarebbero stati ridotti in schiavitù da trafficanti locali, che li avrebbero costretti ad attraversare il confine con la Costa d’Avorio per impiegarli nella raccolta del cacao in piantagioni legate ad alcune grandi multinazionali del settore, tra cui le note Mars, Nestlé e Hershey. Le altre società citate sono Cargill, Mondelēz, Barry Callebaut e Olam.

È la prima volta che viene condotta una class action di questo tipo contro le multinazionali del cacao al cospetto di un tribunale degli Stati Uniti. Gli otto interessati, che ora sono giovani adulti residenti in Mali, chiedono il dovuto risarcimento per essere stati vittime di lavoro minorile, senza documenti, senza paga, senza alcuna tutela a livello igienico-sanitario e socio-economico, e per aver subito danni emotivi mentre erano sotto il controllo illegale di persone che si arricchivano a loro spese.

Il lavoro minorile nell’industria del cacao dell’Africa occidentale

Il ricorso al lavoro minorile per la produzione di cacao e cioccolato, annoverati tra gli alimenti più gustosi e ricercati al mondo, è un fenomeno piuttosto diffuso in Africa occidentale. Secondo quanto rilevato dall’Istituto di ricerca NORC dell’Università di Chicago, 1.56 milioni di bambini sarebbero stati impiegati nella raccolta del cacao in Costa d’Avorio e in Ghana durante la stagione 2018-2019. Un valore numerico cresciuto del 14% rispetto al 2015. Di questi, 1.48 milioni di bambini avrebbero svolto attività a rischio mentre lavoravano.

Le suddette multinazionali hanno alle spalle una lunga storia di sfruttamento del lavoro minorile e di partecipazione a joint venture in Costa d’Avorio dove vengono sistematicamente impiegati schiavi-bambini, sottoposti a lavoro forzato per produrre cacao a basso costo. Nel 2001 i giganti del cacao hanno firmato il Protocollo Harkin-Engle promettendo di porre fine al lavoro minorile entro il 2005, ma ora, a distanza di oltre 15 anni, si impegnano a ridurre del 70% il ricorso al lavoro minorile entro il 2025.

La World Cocoa Foundation, a cui appartengono tutti gli imputati, si è espressa contro il lavoro minorile ovvero qualsiasi forma di lavoro forzato nella catena di approvvigionamento, ma sostiene che, in ultima istanza, la responsabilità ricade sul governo della Costa d’Avorio, che non è stato in grado di risolvere il problema dei trafficanti di esseri umani, da perseguire, arrestare e assicurare alla giustizia nell’ambito di un concreto piano di intervento statale.

IRAdvocates auspica che intentare cause legali possa diventare un efficace strumento di pressione nei confronti delle multinazionali del cacao, per spingerle ad agire come parte della soluzione. In realtà, IRAdvocates aveva già fatto causa ai principali marchi mondiali di cioccolato per questioni di lavoro minorile. Un altro caso era stato presentato dinanzi alla Corte Suprema nel dicembre del 2020 contro Nestlé e Cargill, ai sensi dell’Alien Tort Statute. Durante il dibattimento, le società multinazionali avevano negato ogni responsabilità in merito alla presunta riduzione in schiavitù di bambini secondo le norme di diritto internazionale.

Fonti: IRAdvocates/NORC

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