Bombardato anche l’ospedale di Kharkiv: “Le bombe a grappolo sono un crimine di guerra”

La volontà di colpire obiettivi civili, come scuole ed ospedali, dimostra la spietatezza delle forze armate russe di fronte al nemico ucraino

La ferocia della guerra non sta risparmiando niente e nessuno in Ucraina. A essere presi di mira dai bombardamenti russi persino scuole e ospedali, come mostrano le terrificanti immagini che arrivano da Karkhiv. Le bombe stanno mietendo vittime tra persone indifese e anche bambini.

Come afferma l’associazione umanitaria Amnesty Interantional, bombardare obiettivi civili come asili, università ed ospedali è un crimine di guerra, poiché rappresenta la volontà di colpire la popolazione nei suoi punti più fragili. Inoltre, l’utilizzo di armi a grappolo (come quelle utilizzate in questo brutale attacco di cui vi stiamo raccontando) è vietato dalla Convenzione ONU sulle bombe a grappolo, che però Mosca non ha sottoscritto.

Non è infatti il primo attacco ad un obiettivo civile che la Russia ha messo in atto in questi giorni, utilizzando ordigni a grappolo: lo scorso venerdì, in una città dell’Ucraina nord-occidentale, alcune bombe a grappolo hanno colpito una scuola materna utilizzata come rifugio per i civili, uccidendo tre persone (uno di questi era un bambino).

Le cosiddette bombe a grappolo sono ordigni particolarmente efficaci nella loro brutale funzione di sterminio della popolazione: dopo essere state sganciate producono una immediata e potente esplosione; successivamente, disperdono nell’area circostante delle sub-munizioni pronte ad esplodere (dette in gergo militare bomblets) che trasformano l’area bombardata in un vero e proprio campo minato. Si pensi che il lavoro di bonifica di un’area colpita da una bomba a grappolo può durare anche anni – con conseguenze durissime per la popolazione

La Russia continua a dotare i propri eserciti di questi ordigni potentissimi (come del resto fa anche l’Ucraina) poiché non ha aderito alla Convenzione ONU sulle bombe a grappolo sottoscritta il 3 dicembre 2008 a Oslo – come non hanno fatto altri Paesi quali Stati Uniti, Cina, India, Brasile, Pakistan.

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