BigMama ha toccato temi a lei molto cari davanti a 2000 studenti di tutto il mondo riuniti nell’aula dell’Assemblea Generale dell’ONU: bullismo e body shaming
La rapper e attivista Lgbtq+ BigMama, uno dei volti rivelazione voluto da Amadeus sul palco dell’ultimo Festival di Sanremo, è intervenuta su un palco ancor più prestigioso: quello del Palazzo di Vetro dell’ONU.
Lo ha fatto di fronte ad una platea di 2000 liceali venuti da tutto il mondo a New York per il programma di formazione “Gcmun talks” voluto da United Network, una organizzazione associata al Dipartimento di Global Communications delle Nazioni Unite.
Nell’aula dell’Assemblea Generale, l’artista ha portato il suo messaggio di uguaglianza, amore universale nonché la sua denuncia contro il bullismo e il body shaming. Temi che lei conosce molto bene perché li ha vissuti in prima persona, come ha spiegato:
Per tutta la vita mi hanno fatto credere di essere completamente sbagliata. Il mio fisico faceva in modo che la gente mi valutasse come ‘non abbastanza’ prima ancora che mi si potesse davvero conoscere. Una persona grassa nell’immaginario degli altri è una persona svogliata, pigra, non attiva, non intelligente, che non ha voglia di migliorare. Per una persona come me sognare era inutile.
“Credere nei propri sogni salva”
BigMama ha anche ripercorso le varie tappe della sua storia personale, segnata da tanto bullismo e tante difficoltà, fino a quando non ha incontrato la musica:
Vengo da un paese molto piccolo con una mentalità altrettanto piccola. Ho dovuto sopportare anni di bullismo, verbale e fisico. Ogni giorno della mia infanzia e adolescenza lo ricordo pieno di parole di odio. ‘Cicciona, fai una dieta, fai schifo’. Ho cercato per anni di evitare la sofferenza stando in silenzio. La prima risposta è stata la rabbia. A 13 anni ho scritto il mio primo pezzo, charlotte, un rap che parla di suicidio e autolesionismo e per tre anni l’ho tenuto tutto per me. BigMama è nata quando ho avuto la forza di metterlo su YouTube.
La rapper ha poi parlato della malattia che ha dovuto combattere, un linfoma di Hodgkin che è sopraggiunto nel momento in cui stava per firmare il suo primo vero contratto discografico. Quello è stato il periodo più buio della sua vita, che ha affrontato con 12 sessioni di chemioterapia. Nonostante questo:
La musica mi ha salvata davvero. Sono guarita, e quel periodo mi ha insegnato finalmente che io merito il primo posto. Che se non amo me stessa, nessuno lo fa al posto mio. Che se non salvo me stessa, nessuno lo farà per me. Come in La rabbia non ti basta: credere nei propri sogni salva.
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