Come nasce la tradizione della Befana? Perché è raffigurata da una vecchietta sulla scopa? Qual è la sua vera storia e perché è diventata il simbolo dell'Epifania
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Una vecchietta vestita di soli cenci, con un grosso naso e scarpe malandate. La immaginiamo così, noi, la Befana, con la sua scopa e il sacco pieno di dolciumi. In realtà la simpatica anzianotta è oggi il risultato di un mix di tradizioni, costumi e usanze popolari, di riti antichi e di cerimonie pagane che si sono accumulati sin dalla notte dei tempi. Ma perché arriva il 6 gennaio? E cos’è esattamente l’Epifania?
Quella della “Befana” è una tradizione che si ritrova radicata in moltissimi popoli e nelle più svariate culture del passato. Al suo arrivo, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, è sostanzialmente legata la visita dei Re Magi alla grotta di Gesù Bambino, ma resta una festa esclusivamente popolare.
Le origini della Befana e i racconti cristiani
Secondo la tradizione cristiana, il giorno dell‘Epifania (dal greco ἐπιφάνεια, epifáneia, “manifestazione, apparizione”) è quello in cui i Re Magi arrivano a omaggiare Gesù appena nato facendogli dono di oro, incenso e mirra. Secondo il calendario liturgico, infatti, 12 giorni dopo il Santo Natale una nuova festa di precetto raccoglie i fedeli proprio per la “Epifania del Signore”. Una ricorrenza che secondo alcuni risalirebbe al II secolo d. C.
Tradizione vuole che in questa stessa occasione ci sia anche la Befana a portare i doni ai bambini buoni. Ma cosa hanno in comune i Magi con la vecchina?
Nei vangeli si racconta che alcuni uomini saggi (“Magi” è un termine di origine persiana), portarono doni a Gesù Bambino. “Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme”, si legge, e nel vangelo di Matteo si narra che Erode, spaventato dalla venuta del “Re dei Giudei”, esortasse proprio i Magi ad andare a Betlemme per scoprire dove si trovasse il bambino. Erode finse di voler conoscere il luogo della nascita di Gesù per poter andare lui stesso ad adorarlo.
“Chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo” (Vangelo secondo Matteo).
Seguendo la stella cometa, i Magi trovarono “nella casa” Gesù e sua madre Maria e iniziarono ad adorarlo, offrendogli oro, per omaggiare la regalità del Bambino, incenso per ricordare la sua divinità, e mirra, per il sacrificio e la futura morte dell’uomo Gesù (la mirra è un unguento profumato usato in antichità per la mummificazione e la conservazione dei defunti).
“Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”.
Le leggende legate alla Befana e storia
Di origini decisamente pagane è invece la tradizione legata alla Befana, la cui storia si usa ricollegare al racconto fantastico per cui nella notte volavano sui campi appena seminati figure femminili pronte a propiziare il raccolto.
Furono gli antichi Romani ad ereditare alcuni riti propiziatori pagani legati ai cicli stagionali e associandoli al calendario romano. La dodicesima notte dopo il solstizio invernale essi celebravano la morte e la rinascita della natura attraverso Madre Natura e si credeva che proprio in quelle dodici notti delle figure femminili volassero sui campi coltivati, al fine di ingraziarsi la fertilità dei futuri raccolti.
Alcuni identificarono la figura femminile con Diana, dea lunare della cacciagione e della vegetazione, altri a divinità minori come “Sàtia” (dea della sazietà), o “Abùndia” (dea dell’abbondanza).
Altre credenze collegano la Befana a un’antica festa romana, che si svolgeva in inverno in onore di Giano e Strenia (da cui deriverebbe anche il termine “strenna”) e durante la quale ci si scambiavano doni. Altre ancora fanno risalire la Befana ad alcune figure importate della mitologia germanica, come Holda e Berchta, sempre come una personificazione femminile della natura invernale.
Dal IV secolo d.C. la Chiesa di Roma avviò la condanna di riti e credenze pagane, ma molte personificazioni resistettero fino al Basso Medioevo fino ad accettare di nuovo, gradualmente, l’attuale figura di una vecchina affettuosa, e non una strega, rappresentata su una scopa volante.
Nel periodo del teologo Epifanio di Salamina, poi, la ricorrenza dell’Epifania fu proposta alla data della dodicesima notte dopo il Natale, recuperando in questo modo l’antica simbologia numerica pagana.
La Befana fascista
Nel 1928, il regime fascista introdusse la festività della Befana fascista, (poi nota anche come Befana del duce o Natale del duce): l’occasione per distribuire regali ai bambini delle classi più povere.
Lo scopo era ovviamente quello di dare visibilità ai fasci femminili e all’opera nazionale del dopolavoro, tanto che l’ideatore Augusto Turati ordinò alle Federazioni provinciali del Partito Nazionale Fascista (PNF) di sollecitare a commercianti, industriali e agricoltori donazioni in occasione della festa, la cui gestione era affidata alle organizzazioni femminili e giovanili fasciste.
Dopo la caduta in disgrazia di Turati, la “Befana fascista” divenne la “Befana del duce”, ricorrenza sempre volta a “impreziosire” la figura di Benito Mussolini e che continuò anche durante la seconda guerra mondiale, riprendendo la denominazione “Befana fascista” dopo l’instaurazione della Repubblica Sociale Italiana.
Ancora oggi, la Befana, richiamando la tradizione religiosa di Santa Lucia, che dispensava doni ai bambini prima di lei, come faceva San Nicola prima di Babbo Natale, dona per lo più dolciumi e caramelle.
Com’è vestita la Befana
Niente cappello da strega come spesso erroneamente si rappresenta, ma uno scialle annodato di stoffa pesante (la cosiddetta pezzóla) o uno sciarpone di lana.
Il suo aspetto, col viso grinzoso e pochi denti, un naso prominente e schiena ricurva, si deve alla raffigurazione simbolica dell’anno vecchio, che ci si appresta a bruciare, così come accadeva in alcuni Paesi europei, dove si seguiva la tradizione all’inizio dell’anno di bruciare fantocci vestiti di abiti logori. In molte parti d’Italia, l’uso di bruciare o di segare un fantoccio a forma di vecchia rientrava tra i riti di fine Quaresima.
Per ripararsi dal freddo, la Befana indossa gonne lunghe e rattoppate e un grembiule. Usa, infine, calzettoni pesanti e scarpe comode, ma non stivali alla guascone. Sulle spalle a volte ingobbite ha sempre uno scialle di lana pesante e tutto colorato.
Secondo la tradizione , la Befana consegna dolciumi ai bambini buoni e carbone (da antico simbolo rituale dei falò) ai biricchini.
Voi cosa avrete nella calza?
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