In Sierra Leone sono migliaia i bambini che lavorano in condizioni disumane nelle miniere. E i frammenti di diamanti sono venduti a pochi spiccioli che servono soltanto per sopravvivere
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“Se non trovo nulla non ci sarà cibo per me” e così, in Sierra Leone, le bambine e i bambini cercano di accaparrarsi la giornata cercando diamanti.
Proprio qui, a Koryardu, nella regione diamantifera alluvionale di Kono, nel marzo del 2017 fu trovato un diamante grezzo di 709 carati, il 14esimo più grande ritrovamento di tutti i tempi. Uno dei tanti da queste parti. Eppure il Sierra Leone continua a essere uno dei Paesi più poveri e vulnerabili al mondo, perché?
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Perché quei minatori guadagnano una frazione insignificante in contanti rispetto a quanto renderanno i diamanti lavorati una volta che sono alla fine della catena produttiva. Un tipo di organizzazione che va avanti da decenni, tollerata e a volte anche incoraggiata, dalle autorità regionali e nazionali.
Di mezzo ci vanno, anche e soprattutto, i molti bambini e le bambine impegnati nel lavoro nelle miniere a cielo aperto accanto ai genitori. Tutti alla disperata ricerca di diamanti nei terreni sfruttati dalle grandi compagnie internazionali. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, un milione di bambini a livello globale è impiegato nelle miniere e in Sierra Leone sono migliaia i minori coinvolti.
I diamanti in Sierra Leone
Per ben il 90% dei suoi diamanti la Sierra Leone dipende da depositi alluvionali affioranti. L’origine alluvionale fa sì che la presenza di diamanti grezzi preziosi o meno sia diffusa sul territorio in modo casuale. In un simile scenario i minatori artigiani vanno a tentare la fortuna con solo qualche vanga e qualche modesto attrezzo.
Ma la Sierra Leone ha la quasi ovvia necessità di finanziare il proprio sviluppo con le risorse naturali. L‘export complessivo è costituito dal ferro per il 25%, dal titanio per il 17% e dai diamanti che rappresentano solo il 12% del totale poiché una buona parte del traffico sfugge ai dati ufficiali. Su tutto questo e sui propri diamanti il Paese cerca di poggiare le aspettative di crescita. Ma non ce la fa.
La testimonianza di Neneh, che ha trascorso la sua infanzia in queste miniere
Dopo la scuola andavo a dare una mano a mio padre. Scavavamo e trasportavamo secchi di terra in cerca di diamanti. Noi bambini spesso portavamo anche i secchi più pesanti. Restavamo lì fino alle cinque o sei di sera, e alla fine mio padre ci dava qualche
soldo per tornare a casa e preparare da mangiare. Non avevamo abbastanza cibo e non riuscivamo a concentrarci bene a scuola. Anche se trovavamo un diamante, non ci davano soldi, ma solo materiale scolastico e vestiti nuovi. Non ero felice di andare nelle miniere,
ma non potevo rifiutarmi.
Il distretto di Kono, al confine con la Liberia, è stato uno dei teatri della guerra civile che ha devastato il Paese tra il 1991 e il 2002, causato la morte di almeno 70mila persone e oltre 2 milioni di sfollati. Fu durante quel conflitto che il mondo scoprì il dramma dei bambini-soldato e il legame tra i minerali preziosi – i cosiddetti diamanti insanguinati – e la guerra. A conflitto concluso, la distruzione di scuole, ospedali e strade ha reso difficile la ripresa e la Sierra Leone resta uno dei Paesi più poveri al mondo.
La piaga del lavoro minorile
Il lavoro minorile si spiega solo dalla estrema povertà del Paese. Anche se il Parlamento della Sierra Leone ha approvato il Mines and Minerals Development Act, per migliorare il benessere delle comunità, il lavoro minorile nelle miniere continua a essere una piaga diffusa.
Le condizioni fisiche a cui sono sottoposti, come il trasporto quotidiano di sacchi pesanti, mettono a rischio la loro salute, esponendoli a malattie muscolari, incidenti e traumi psicologici che compromettono il loro sviluppo e la possibilità di accedere all’istruzione e completare il ciclo di studi.
Sono triste quando vedo i miei coetanei in miniera, perché penso a cosa ho passato. Le bambine che non vanno nemmeno a scuola spesso finiscono per rimanere incinte senza nessuno che si prenda cura di loro. Ho un’amica che lavora nelle miniere, vive con
suo zio ma viene maltrattata. Quando siamo a scuola a volte lascia la classe per andare a lavorare nelle miniere. Prende la sua pala e il secchio e va, per guadagnarsi da vivere. Sta lottando ma non ha nessuno che la aiuti, racconta Neneh.
Ad essere più vulnerabili sono le ragazze, sulle quali pesano anche la mancanza di accesso all’istruzione e pratiche come il matrimonio precoce (in Sierra Leone è un reato punibile da poco) o forzato aggravano ulteriormente la loro situazione. In Sierra Leone il 21% delle adolescenti tra i 15 e i 19 anni ha già avuto gravidanze e il 30% delle giovani si sposa prima dei 18° anni. Il 9% ha addirittura contratto matrimonio prima dei 15 anni.
Sebbene esistano leggi che li vietano – conclude Desmond Carney, responsabile regionale di ActionAid nell’area di Kono – la mancanza di consapevolezza e di conoscenza di queste normative fa sì che molti bambini continuino a essere coinvolti in attività minerarie e altri lavori inappropriati per la loro età o, specie le bambine, siano soggette ad abusi. Se non riusciamo a creare opportunità per loro e a far sì che le famiglie comprendano l’importanza di avere un sogno e un futuro, sarà molto difficile per loro realizzarlo.
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