Armi nucleari: ecco quanti ordigni ci sono in Italia (e dove si trovano)

L’eco di attacchi nucleari ci riporto agli anni della Guerra Fredda. Con il perdurare della guerra scatenata dalla Russia sul suolo dell’Ucraina il tema torna a essere attuale a dispetto dei trattati internazionali siglati dalle cosiddette super potenze mondiali.

Il pericolo di una guerra moderna è la velocità di azione ma anche la minaccia del nucleare che la Russia ha più volte intimato per cercare di vincere e terrorizzare l’Ucraina ma anche il mondo intero. Le parole testate nucleari fanno tornare alla mente ciò che in molti hanno solo studiato sui libri di scuola ovvero la Guerra Fredda, quello spettro di catastrofe che ha aleggiato sul mondo fino alla caduta del muro di Berlino. Nonostante Trattati ufficiali e internazionali, accordi di pace e progresso che sembravano allontanare queste guerre dalla pace sul territorio le cose potrebbero cambiare.

Quante sono le armi nucleari nel mondo?

Le stime di inizio 2022 parlano di circa 12.700 testate: di queste il 90% sono di proprietà sia russe che statunitensi ovvero circa 4000 ordigni in totale negli arsenali dei due Paesi.  Secondo i dati sono forniti dall’organizzazione no profit Federation of American Scientists, dal computo generale 9.400 sono incluse nelle scorte militari per essere utilizzate da missili, aerei, navi e sottomarini, 2.000 sono pronte per l’uso con breve preavviso, altre sono in attesa di essere smantellate.

Stime arsenale nucleare nel mondo

©Federation of American Scientists

Disarmo nucleare progressivo

Verso la metà degli anni ’80 la corsa agli equipaggiamenti nucleari era arrivata al suo massimo quando si registrò un picco di oltre 70.000 armamenti. I numeri iniziano a scendere negli anni ’90 ma siamo ancora lontani dal poter dice che non esistono più questo tipo di armi. La NATO ha notevolmente ridotto il numero di armi nucleari non strategiche in Europa dalla Guerra Fredda sebbene le veline russe sull’importanza di aumentare l’arsenale nucleare non strategico, antecedenti all’attuale guerra in Ucraina, hanno fatto mettere sull’attenti l’organizzazione atlantica circa l’importanza dell’arsenale tattico USA in Europa. Sebbene il progressivo smantellamento quelle restanti occorre gestirle: mantenerle al sicuro, conservarle in appositi hangar, ammodernarle, trasportarle, dismetterle.

Le basi italiane del nucleare

Sul nostro territorio esistono oggi due basi militari dove, secondo i report di GreenPeace, sono custoditi 40 ordigni, 20 nella base di Aviano a Pordenone e 20 a Ghedi nell’area di Brescia. Secondo alcuni osservatori, in questo secondo sito in particolare, dovrebbero operare gli F-35 ma soprattutto dovrebbero essere gestite anche le bombe B61-3 e B61-4 che tra il 2022 e il 2024 dovrebbero essere sostituite con le più sofisticate B-61-12. Qui inoltre è previsto un lavoro di ristrutturazione in carico all’azienda barese Matarrese, previa regolare gara di assegnazione, per la realizzazione di un hangar di manutenzione, un polo tecnologico, un’area di simulazione.

Spesa militare italiana

La spesa militare italiana, secondo quanto raccolto dall’osservatorio per le spese militari Mil€x, è cresciuta del 5,4% rispetto al 2021. Nella legge di bilancio 2022 la spesa per il Ministero della Difesa è complessivamente di 25.823.654.035 €. Per gli analisi dell’osservatorio sono incluse anche delle quota parte costo basi USA anche se i dati ufficiali sono raggruppati in macro voci e non forniscono dettagli. È bene osservare che l’Italia non possiede né produce armi nucleari ma ospita quelle statunitensi nella cornice del nuclear sharing, un programma di condivisione nucleare della NATO tra i Paesi firmatari del Patto Atlantico.

Il disarmo e i suoi trattati

Tra le prime realtà a schierarsi contro le armi nucleari ci sono le Nazioni Unite che già nel 1946 aveva istituito una Commissione apposita volta alla presentazione di proposte per l’eliminazione dagli armamenti nazionali delle armi atomiche e di tutte le altre principali armi adattabili alla distruzione di massa.

Il Trattato sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari è del 1963 e è stato firmato a Mosca. Il 1° luglio 1968 viene firmato il Trattato di non proliferazione nucleare da Usa, dall’allora URSS, Francia, Gran Bretagna e Cina. Entrato in vigore il 5 maggio 1970 proibisce ai firmatari “non-nucleari” di procurarsi tali armamenti e agli Stati “nucleari” di trasferire a terzi dispositivi nucleari e non.

Il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari, che proibisce i test nucleari in qualsiasi ambiente, è stato firmato a New York il 10 settembre 1996 presso l’Assemblea generale delle Nazioni: ratificato da oltre 150 Stati non è ancora stato ratificato da tutti i 44 Stati che alla data della firme possedevano testate nucleari.

Infine il Trattato per la proibizione delle armi nucleari adottato dalle Nazioni Unite il 7 luglio 2017 con l’entrata in vigore il 22 gennaio 2021. Un documento condiviso che proibisce agli Stati di sviluppare, testare, produrre, fabbricare, trasferire, possedere, immagazzinare, usare o minacciare di usare armi atomiche. L’Italia non l’ha ancora ratificato.

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FONTI: Trattato divieto armi nucleari; Greenpeace; Fas; Ministero Difesa; Osservatorio Mil€x; Nato sharing agreement; ONU

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