L’incredibile annuncio della gelateria di Bologna ci costringe a ribadire che il periodo di prova è lavoro a tutti gli effetti

Un annuncio di lavoro riaccende la polemica sui social (e non solo): anche il periodo di prova è da considerarsi lavoro a tutti gli effetti e va pagato

In questi giorni circola in rete un bizzarro annuncio di lavoro che sta scatenando diverse polemiche e che ha colpito anche il nostro interesse. L’annuncio, pubblicato proprio dalla pagina Facebook dell’esercizio commerciale, proviene da una gelateria bolognese e mira a cercare un aiuto per il servizio al banco.

Non si specificano condizioni lavorative, né turni, né si richiedono curriculum o particolari competenze o esperienze pregresse nel settore della ristorazione – tutte le informazioni potranno essere reperite da chi è interessato all’impiego mettendosi direttamente in contatto con la gelateria stessa.

L’unica, interessante, postilla riguarda il compenso – o, piuttosto, la sua assenza: la gelataia autrice dell’annuncio, infatti, allude a “tempi passati” nei quali il candidato per una posizione lavorativa si mostrava disponibile ad un periodo di prova gratuito per il datore di lavoro, solo al termine del quale si poteva parlare di compenso.

Insomma, si accetta il lavoro, si inizia il periodo di prova e solo al termine di quest’ultimo si inizia a vedere qualche soldino. L’approccio della gelataia bolognese ha destato non poche polemiche sui social, e alla fine la signora è stata costretta ad eliminare l’annuncio dai social: molti utenti del web suggeriscono di andare in gelateria, provare il gelato gratis e tornare a comprarlo soltanto in un secondo momento.

Fra i vari settori lavorativi – che spesso, offrono possibilità ai più giovani che non hanno ancora completato gli studi e che sono alla ricerca di un “lavoretto” per sostenersi durante gli anni dell’università – quello della ristorazione e del catering è forse quello in cui si registra il maggior tasso di sfruttamento.

Troppo spesso (senza generalizzare, ovviamente!) i dipendenti lavorano senza contratto, senza una paga fissa o per pochi euro a giornata – o a serata, che spesso inizia alle quattro di pomeriggio e si conclude alle due della notte. Per non parlare del fatto che dietro le mansioni di un cameriere si trova di tutto, dalla sistemazione dei tavoli allo spostamento delle confezioni d’acqua, dal servizio al tavolo alla pulizia della sala alla chiusura del locale.

Ma tornando alla nostra gelataia bolognese e al suo annuncio dal retrogusto amaro (trattato e ritrattato prima dell’eliminazione definitiva), la questione è scottante e molto attuale: chi si propone per un lavoro, ha ovviamente intenzione di guadagnare dei soldi, di percepire uno stipendio. E anche il momento della “prova”, nel quale viene svolto il lavoro, è da considerarsi lavoro e quindi sottoposto al pagamento.

Invece, forse per contrastare il presunto dilagare di “giovani nullafacenti”, sta tornando di moda l’idea che sia giusto lavorare gratis, che sia giusto farsi sfruttare dal proprio datore, che sia giusto fare i turni o lavorare nei giorni di festa senza vedere l’ombra di uno straordinario.

Riecheggiano ancora le parole dello chef Alessandro Borghese, che in un’intervista ad una testata giornalistica rilasciata qualche settimana fa si lamentava del fatto che i giovani di oggi non vogliono fare sacrifici, rifiutando di lavorare e fare la gavetta gratis e preferendo godersi i weekend di relax con gli amici, parlando con orgoglio delle sue prime esperienze lavorative come cuoco a bordo delle navi da crociera, rigorosamente senza prendere una lira di stipendio.

Caro Borghese, cara signora gelataia, cari tutti i datori di lavoro che pensano di giustificare condizioni di lavoro ignobili e ai limiti della schiavitù: saranno sì giovani e senza esperienza, bisognosi di apprendere i trucchi del mestiere e di “farsi le ossa” prima di arrivare a guadagnare cifre importanti, ma si tratta sempre di persone che mettono il loro tempo e le loro energie a servizio vostro e della vostra impresa. Non bisogna stupirsi se chiedono una ricompensa, anche minima, per il lavoro svolto.

La replica della gelataia

La titolare della gelateria di cui abbiamo parlato ci ha contattato per difendere il suo operato e fornire una smentita, che pubblichiamo qui sotto:

Vorrei dissociarmi da ogni discorso in cui si dice che le persone che devono imparare non dovrebbero essere pagate fino a che non sono autonome sul lavoro. Noi pensiamo che il lavoro sia lavoro e che, a prescindere, debba essere pagato. Da noi anche 15 minuti vengono retribuiti. Da noi le prove vengono pagate in maniera identica per tutti. Alla fine della giornata di prova se il candidato ci è piaciuto, parliamo del contratto definitivo.

Viene da sé che se una persona è già capace avrà uno stipendio superiore a quello base del CCNL. Al contrario, se la persona deve imparare, riceverà solo lo stipendio base del contratto nazionale fino a che non sarà autonoma al 100%. Ci hanno tacciato di essere schiavisti, sfruttatori, sono arrivati addirittura ad augurarci la morte ed hanno riempito Google di recensioni negative fasulle.

È stata una vera e propria caccia alle streghe, un concentrato di bullismo ingiustificato. Odio e violenza inauditi, tant’è che abbiamo deciso di oscurare la nostra pagine Facebook per un po’ per fermare questo odio. Vorrei ribadire che NOI NON ABBIAMO MAI SCRITTO CHE LE PROVE NON LE PAGHIAMO, e se si legge attentamente il nostro annuncio lo si vedrà chiaramente.

Inutile dire che noi di GreenMe ci dissociamo da ogni forma di bullismo mediatico o dai messaggi offensivi che sono stati rivolti alla gelataia e al suo staff: la violenza, anche quella verbale (o scritta, come nel caso dei messaggi Facebook infamanti) è da condannare sempre e comunque.

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