E’ seduto tra le macerie, in quel che rimane della sua camera da letto. La luce fioca attraversa le finestre senza vetri e lui con la pipa in mano guarda con nostalgia il suo grammofono.
È seduto tra le macerie, in quel che rimane della sua camera da letto. La luce fioca attraversa le finestre senza vetri e lui con la pipa in mano guarda con nostalgia il suo grammofono.
Un‘immagine straziante, diventata l’emblema della guerra siriana che va avanti da sette anni. Ma è anche l’immagine di un uomo, che nonostante i bombardamenti, ha deciso di resistere e di rimanere ad Aleppo.
Lo scatto è del fotografo dell’Atp Joseph Eid ed è di pochi giorni fa, esattamente il 9 marzo, l’uomo è il settantenne Mohammed Mohiedin Anis, soprannominato “Abu Omar” dagli abitanti del quartiere di Aleppo dove vive, perché si è rifiutato di abbandonare la sua casa e il suo paese.
È rimasto da solo, mentre le due mogli e gli otto figli sono fuori dal territorio siriano. Mohammed ha preferito restare assieme al suo grammofono miracolosamente funzionante e alla sua pipa.
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Laureato in medicina, parla cinque lingue e ha lavorato per un breve periodo anche in Italia, tutte informazioni già pubblicate in un altro reportage, in cui si parlava della sua storia singolare da ex collezionista di auto americane, che con la guerra siriana, sono andate completamente distrutte.
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Mohammed Mohiedin Anis è da solo, in quella stanza un tempo curata in ogni dettaglio. In mano stringe la sua pipa, sistemata alla buona con lo scotch.
Tra una boccata e l’altra ascolta la musica con uno dei pochi pezzi sopravvissuti dai bombardamenti. Note che risuonano in una casa sventrata che si trova nella zona est di Aleppo. L’unica cosa che adesso riesce a dare un po’ di pace a Mohammed.