Secondo i dati del Gaza’s Ministry of Health sono oltre 25mila i palestinesi uccisi a Gaza, di cui circa 16mila donne e bambini. Il numero di persone uccise è triplicato rispetto al totale dei 15 anni precedenti messi insieme. In più nessun conflitto che abbia segnato il 21° secolo ha un tasso di mortalità giornaliero più alto di quello della guerra a Gaza dove in media ogni giorno sono stati uccise 250 persone
Un numero impressionate, da far accapponare la pelle, di cui in pochi si rendono conto: secondo il Ministero della Sanità della Striscia di Gaza, il bilancio delle vittime palestinesi della guerra tra Israele e Hamas ha superato quota 25mila.
Ciò, secondo calcoli Oxfam, significa che l’esercito israeliano sta uccidendo palestinesi ad un ritmo medio di 250 persone al giorno, che supera il bilancio giornaliero delle vittime di qualsiasi altro grande conflitto degli ultimi anni, mentre il Segretario delle Nazioni Unite descrive la portata delle uccisioni di civili come “straziante e assolutamente inaccettabile”.
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Una strage, dunque, da qualunque parte la si voglia vedere.
L’annuncio è arrivato mentre il Governo israeliano sembrava lontano dal raggiungere i suoi obiettivi di “schiacciare” Hamas e liberare più di 100 ostaggi israeliani. Il livello di morte, distruzione e sfollamento dovuto alla guerra è già senza precedenti nel decennale conflitto israelo-palestinese, ma i funzionari israeliani affermano che è probabile che i combattimenti continuino ancora per diversi mesi.
Mai tanti morti in un solo giorno
Utilizzando dati disponibili al pubblico, Oxfam ha calcolato che il numero di morti medi al giorno a Gaza è superiore a qualsiasi recente grande conflitto armato, tra cui:
- Siria (96,5 morti al giorno)
- Sudan (51,6)
- Iraq (50,8)
- Ucraina (43,9)
- Afghanistan (23,8)
- Yemen (15,8)
L’agenzia umanitaria avverte che le persone sono sempre più costrette a rifugiarsi in aree più piccole a causa dei continui bombardamenti, poiché sono costrette a fuggire da luoghi che in precedenza erano stati definiti sicuri, ma nessun posto a Gaza è veramente sicuro. Oltre un milione di persone – più della metà della popolazione – sono state costrette a cercare rifugio a Rafah, al confine con l’Egitto.
Qui, lo staff di Oxfam denuncia un enorme sovraffollamento, con pochissimo cibo e acqua e medicinali essenziali esauriti. Questa crisi è ulteriormente aggravata dalle restrizioni israeliane sull’ingresso degli aiuti, dalla chiusura dei confini, dall’imposizione di un assedio e dal rifiuto di accesso illimitato. Attualmente arriva solo il 10% degli aiuti alimentari settimanali necessari.
La peggio è per le donne e i bambini
La crisi di Gaza sta colpendo le donne, le ragazze e i bambini a livelli drammatici e senza precedenti, con perdite di vite umane e livelli catastrofici di bisogni umanitari.
Questa è la conclusione principale del rapporto “Gender Alert: The Gendered Impact of the Crisis in Gaza” pubblicato da UN Women, secondo cui la percentuale demografica è cambiata: oggi si stima che circa il 70% delle persone uccise a Gaza siano donne e bambini, comprese due madri ogni ora uccise dall’inizio della crisi.
Abbiamo visto ancora una volta che le donne e i bambini sono le prime vittime dei conflitti e che il nostro dovere di cercare la pace è un dovere nei loro confronti. Li stiamo deludendo. Quel fallimento, e il trauma generazionale inflitto al popolo palestinese in questi 100 giorni e oltre, perseguiteranno tutti noi per le generazioni a venire, ha sottolineato il direttore esecutivo di UN Women, Sima Bahous, in una dichiarazione rilasciata oggi.
A Gaza, degli 1,9 milioni di sfollati, quasi un milione sono donne e ragazze, che cercano rifugio in condizioni precarie, ma a Gaza nessuno e da nessuna parte è al sicuro.
Secondo i dati di UN Women, infine, sono almeno 3.000 le donne che si sono ritrovate vedove e capofamiglia, con un urgente bisogno di protezione e assistenza alimentare, e sono almeno 10.000 bambini che avrebbero perso il padre. In questo contesto, una spirale pericolosa potrebbe portare la famiglie a meccanismi disperati di reazione, come la tragica usanza del matrimonio precoce. Un vortice senza fine.
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