Sephora è stata multata per alcune sue maschere per il viso che promettono i benefici di sostanze naturali contenendone però quantità minime
Dopo aver analizzato diverse maschere per il viso del marchio Sephora, la Direzione Generale per la Concorrenza, il Consumo e il Controllo delle Frodi (DGCCRF) ha condannato l’azienda a pagare una sanzione di 200mila euro per aver tratto in inganno i consumatori.
Alcune maschere per il viso Sephora, nello specifico la “Spirulina stick mask – purificante” e la “Blackhead peel-off mask” vantano ingredienti naturali come spirulina, aloe vera o acido glicolico ma le cose non stanno esattamente così. O meglio, al loro interno si trovano davvero queste sostanze naturali ma sono in una parte talmente piccola del prodotto finito che non possono essere in alcun modo benefiche per la pelle.
Come si legge sul comunicato della DGCCRF:
Le analisi hanno rilevato che i livelli di concentrazione degli ingredienti la cui presenza nei prodotti è stata valutata nell’etichettatura e sul sito web del prodotto, vale a dire l’ingrediente “spirulina” per il primo e gli ingredienti “acido glicolico” e “aloe vera” per il secondo, non rappresentavano più dello 0,2% del prodotto finito, questa bassa concentrazione non permetteva di stabilire alcun effetto dichiarato del prodotto finito.
In pratica sbandierare sulle confezioni la presenza di questi ingredienti non è corretto e trae in inganno i consumatori. Ecco perché la DGCCRF in Francia ha condannato la società SA S+, proprietaria del marchio Sephora, a pagare una sanzione di 200mila euro proporzionata alla gravità dei fatti osservati nell’indagine.
Come ricorda la DGCCRF:
Per non trarre in inganno i consumatori, la normativa sui prodotti cosmetici vieta infatti di attribuire ad un prodotto caratteristiche o funzioni che non ha. Inoltre, le affermazioni cosmetiche devono essere veritiere, sincere e i professionisti devono essere in grado di dimostrarle.
È interessante notare come, su un totale di oltre 1000 prodotti analizzati dalla DGCCRF nel 2020, il 25% ha presentato affermazioni fuorvianti o ingiustificate. Il che non è molto confortante dato che questo vuol dire che, almeno potenzialmente, noi consumatori potremmo essere in qualche modo “ingannati” da etichette accattivanti ma non del tutto veritiere di 1 prodotto su 4.
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Fonte: DG CCRF
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