Gli studenti non sanno più leggere gli orologi analogici e stanno perdendo sempre più in fretta anche la capacità di tenere in mano correttamente penne e matite. Da cosa dipende tutto questo? Dall’utilizzo smodato di tablet e schermi di vario genere.
Gli studenti non sanno più leggere gli orologi analogici e stanno perdendo sempre più in fretta anche la capacità di tenere in mano correttamente penne e matite. Da cosa dipende tutto questo? Dall’utilizzo smodato di tablet e schermi di vario genere.
La maggior parte delle cose che facciamo ogni giorno hanno ormai come protagonista uno schermo. Questa situazione, però, sta avendo una serie di contraccolpi negativi tra cui il fatto che i ragazzi hanno sempre più difficoltà a leggere gli orologi analogici (ovvero quelli classici fatti di lancette e numeri). E così c’è chi ha pensato di rimuoverli dalle aule scolastiche, come è avvenuto già l’anno scorso nel Regno Unito.
Come ha dichiarato Malcolm Trobe, vice segretario generale della Association of School and College Leaders (ASCL):
“L’attuale generazione non è così brava a leggere il quadrante dell’orologio tradizionale come le generazioni precedenti. Sono abituati a vedere una rappresentazione digitale del tempo sul proprio telefono, sul proprio computer. Quasi tutto ciò che hanno è digitale, quindi i giovani sono semplicemente esposti al tempo dato digitalmente ovunque”
Sempre più scuole li hanno quindi sostituiti con quelli digitali, in particolare nelle sale d’esame dove è importante che i ragazzi non si confondano riguardo al tempo che rimane loro disponibile per affrontare i test. In questo modo, a loro dire, potranno essere più rilassati evitando lo stress inutile di dover leggere l’ora su un orologio analogico meno immediato di uno digitale.
Al di là della comodità di installare orologi digitali, la situazione è un po’ triste perché questo amore smisurato per le nuove tecnologie sta portando anche alla perdita di altre piccole ma grandi e fondamentali competenze. Nel 2018, Sally Payne, terapista occupazionale pediatrica presso la fondazione NHS Trust di Heart of England, ha avvertito che i bambini trovano sempre più difficile tenere in mano penne e matite ed anche questo sarebbe un triste risultato dell’uso smodato della tecnologia. Come ha dichiarato:
“Per essere in grado di afferrare una matita e spostarla, è necessario un forte controllo dei muscoli sottili delle dita. I bambini hanno bisogno di molte opportunità per sviluppare questa capacità. È più semplice dare a un bambino un iPad che incoraggiarlo a fare giochi di costruzione muscolare come e costruzioni, tagliare e attaccare o tirare giocattoli e corde. Per questo motivo, non stanno sviluppando le abilità di base di cui hanno bisogno per afferrare e tenere in mano una matita”.
Come potete vedere dalla foto tenere correttamente in mano una matita prevede che il pollice, l’indice e il medio lavorino insieme consentendo movimenti piccoli e coordinati.
Anche Mellissa Prunty, un’altra terapista occupazionale pediatrica specializzata in difficoltà di scrittura a mano nei bambini, è preoccupata che un numero crescente di bambini possa sviluppare in ritardo la scrittura a mano a causa di un uso eccessivo della tecnologia:
“Il problema è che la scrittura a mano è molto individuale nel modo in cui si sviluppa in ogni bambino”
Karin Bishop, vicedirettore del Royal College of Occupational Therapists, sottolinea invece che:
“È innegabile che la tecnologia abbia cambiato il mondo in cui i nostri figli crescono. Mentre ci sono molti aspetti positivi dell’uso della tecnologia, ci sono prove crescenti sull’impatto di stili di vita più sedentari e sull’aumento dell’interazione sociale virtuale, dato che i bambini trascorrono più tempo in casa online e meno tempo a partecipare fisicamente a occupazioni attive”
Insomma, troppi tablet e l’utilizzo sempre più massiccio di dispositivi di ogni sorta stanno rovinando i nostri bambini e ragazzi anche a livello fisico. Vi avevamo parlato ad esempio del fatto che i bambini sono sempre meno in grado di fare capriole e stanno vivendo quello che il ricercatore italiano Mario Bellucci ha definito un vero e proprio “analfabetismo motorio”.
Dove finiremo di questo passo?
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