Quando tuo figlio è in acqua non preoccuparti delle dita raggrinzite, c’è una cosa molto più importante a cui fare attenzione

Non preoccupatevi delle dita raggrinzite, né di contare i minuti che passano dal pranzo al bagnetto! Quel che deve destare maggiore preoccupazione è la possibilità di annegamento che, a mare o in piscina, rappresenta la terza causa di morte dopo la meningite e l’HIV sotto i 15 anni

Sali su che ti sei spugnato!” e giù tutto lo sciorinamento di frasi a forma di diktat perentorio con cui mamma e papà ci facevamo uscire dal mare o dalla piscina. Due abbagli lunghi generazioni: quello delle mani raggrinzite, che altro non sono che l’effetto di una reazione naturale che non deve destare preoccupazioni, e quello del bagnetto dopo tre ore dai pasti.

In realtà, c’è qualcosa di cui gli adulti devono realmente preoccuparsi quando sorvegliano i più piccoli stare in acqua: l’annegamento. Come spiega del pediatra Tommaso Montini, non tutti sanno che un bimbo è capace di annegare anche in 30 centimetri di acqua. Fondale basso, bassissimo, ma comunque rischioso.

Tanto che l’annegamento rappresenta addirittura la terza causa di morte dopo la meningite e l’HIV sotto i 15 anni e i più a rischio sono i bambini fino a 4 anni, che possono trovare difficoltà già in pochi centimetri di acqua. Eppure, ogni anno muoiono per annegamento, ancora, oltre 300mila persone e ogni giorno sentiamo almeno un caso di cronaca. Perché succede? E, soprattutto, come evitare gli annegamenti?

Secondo quanto riportato dall’Istituto superiore di sanità ogni anno più di 400 persone muoiono in Italia per annegamento. Il motivo? Più di uno: se da un lato c’è la poca accortezza di genitori e tutori, dall’altro gioca un ruolo fondamentale la poca conoscenza dell’acqua.

Cosa fare allora? QUI trovate un prezioso vademecum.

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Fonti: Tommaso Montini Facebook

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