La rivista Il Salvagente ha portato in laboratorio 10 paia di sandali per bambina tra i più diffusi e acquistati per scoprire l'eventuale presenza di sostanze tossiche. Ecco i risultati.
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I sandali per i bambini, tanto amati e apprezzati nella bella stagione, sono davvero sicuri per la loro salute? Da un’indagine del Salvagente emergono alcune problematiche. Ecco cosa hanno trovato.
Bambini e scarpette: quanto siamo attenti alla qualità delle calzature che compriamo per loro? Non solo in termini di comodità, le scarpine che acquistiamo per i nostri figli dovrebbero essere oggetto di attenzione anche per quanto riguarda i materiali con cui sono fatte. Insomma, sappiamo con quali sostanze entrano in contatto i loro piedini?
La nota rivista di consumatori Il Salvagente ha portato in laboratorio 10 paia di sandali per bambina tra i più diffusi e acquistati, al fine di valutare la presenza proprio di quella serie di sostanze che possono avere effetti più o meno gravi sulla salute dei più piccoli. L’inchiesta, dal titolo “Passi falsi”, è pubblicata nell’ultimo numero de Il Salvagente.
I laboratori incaricati (Buzzi di Prato) hanno analizzato 10 paia di sandali: tutti, va detto, sono risultati conformi alle normative vigenti a livello internazionale e privi, quindi, di componenti dall’altissimo grado di tossicità, come le ammine aromatiche (quelle che, per intenderci, si trovano nelle tinture chimiche per capelli) e il cromo esavalente, considerati tra i materiali inquinanti più rischiosi.
Anche l’analisi specifica del nichel, è risultata positiva con la sola eccezione dei sandaletti Lelly Kelly, che ne presentano una piccola componente nei bottoncini arieggianti disposti sulla parte superiore della scarpa.
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Tutto tranquillo allora? Non proprio, perché in 9 dei 10 modelli analizzati (tutti, tranne i sandaletti di Zara) sono venute fuori tracce di formaldeide, sostanza chimica utilizzata come battericida e conservante nella lavorazione della concia della pelli, e che la Iarc ha già classificato nei suoi dossier come “cancerogeno certo” per l’essere umano.
Si tratta sì di concentrazioni irrisorie, ma quel che preoccupa è che non è attiva ancora alcuna normativa europea che stabilisca un limite di sicurezza all’applicazione di formaldeide nei tessuti destinato al contatto diretto con la pelle del corpo (non esiste infatti un limite alla concentrazione della formaldeide nei tessuti e nel pellame: solo nel 2020 scatterà il limite massimo di 75 mg/kg (ppm), mentre ad oggi Francia e Germania già hanno una limitazione a 150 ppm).
La formaldeide la troviamo in tantissimi prodotti di uso comune, compresi i cosmetici. Ma, nonostante ne sia stata accertata la cancerogenicità, continua ad essere contenuta in una vasta gamma di prodotti, anche se a concentrazioni molto basse.
Le marche dei sandali analizzati
Quanto ai sandali che compriamo ai nostri bambini ecco alcuni dati dalla pubblicazione dell’inchiesta de Il Salvagente:
Tomaia, fodera, soletta, anelli e rivetti: questi i componenti dei 10 sandaletti da bambina analizzati per verificare la presenza di sostanze indesiderate. Come si può vedere dalla tabella, in tutti i campioni posti sotto esame (Zara, Camper, Okaidi, Naturino, Birkenstock, Bata, Primigi, Lelli Kelly, Lumberjack, Aghata Ruz de la Prada) non ci sono tracce di ammine aromatiche e di cromo esavalente.
La formaldeide è, di contro, sempre presente, tranne nel caso dei sandaletti Zara, mentre il nichel si riscontra solo nelle scarpe Lelli Kelly (tutti gli altri sono “nichel free”).
Formaldeide
È un gas incolore caratterizzato da un odore pungente usato nel settore tessile come antibatterico, ma anche come conservante nella concia delle pelli. Classificata dalla Iarc come “cancerogeno certo” per l’uomo, già a basse esposizioni può causare irritazione oculare, nasale e della gola.
Le concentrazioni riscontrate dal test da Il Salvagente sono in media basse ma solo un campione, Zara, è risultato completamente pulito, mentre nei sandali Agatha Ruiz de la Prada è stata rilevata la presenza sia in tomaia che in fodera e soletta.
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Ammine aromatiche
Anch’esse potenzialmente cancerogene per l’uomo, dalle analisi, in nessun caso ne è stata rilevata la presenza.
Cromo esavalente
Il cromo esavalente o Cr VI è un composto cancerogeno per l’uomo che si sviluppa dal cromo trivalente quando non viene adeguatamente trattato. Il Cr III è molto usato nella concia delle pelli: l’80% delle concerie lo impiega per “bloccare” la decomposizione naturale della pelle.
Una volta trattato con cromo trivalente, se il prodotto non viene lavorato bene (ad esempio la termoformatura della tomaia non avviene alle giuste temperature) o stoccato bene (lontano da fonti di calore durante l’immagazzinamento o il trasporto) può dar vita proprio al cromo esavalente. Il Regolamento europeo Reach prevede limiti massimi di 3 mg/kg. I campioni analizzati sono risultati privi di cromo esavalente.
Nichel
Si tratta di un metallo allergizzante sottoposto a restrizione Reach per i tessuti a diretto contatto con la pelle, per cui non può cedere al corpo più di 0,5 mcg alla settimana per cm2. Usato nelle leghe perché morbido e livella bene la superficie dei prodotti (bottoni, rivetti, occhielli, nel caso delle calzature), può essere anche impiegato nei coloranti.
In laboratorio, se ne è accertata la presenza nel campione Lelli Kelly sulla parte superiore del rivetto di tomaia: un punto non a contatto con la pelle e quindi non si è proceduti a un test di cessione. Tuttavia la “positività” indica che nella lega è stato usato nichel.
Cosa hanno detto le aziende
Il Salvagente fa sapere di aver chiesto alle aziende di esprimere la loro posizione. Solo la Lelli Kelly avrebbe risposto assicurando che i materiali utilizzati in produzione rispettano le normative previste dal Regolamento europeo Reach e che non contengono formaldeide in quantità superiore a 150 mg/kg secondo la legislazione adottata da alcuni paesi come Germania e Francia.
“Precisiamo inoltre – dicono da Lelli Kelly – che lo screening qualitativo evidenzia solamente la presenza di nickel ma non rileva l’effettiva quantità di rilascio. Pertanto nel caso specifico del nostro articolo da voi testato: il valore di formaldeide pari a 8,1 mg/kg, è ampiamente al di sotto di ogni limite (cogente o volontario); la rilevabilità di 11,50% di nickel non viola nessun tipo di limite previsto dal Regolamento europeo Reach”.
La normativa (che non c’è)
Anche se i 10 campioni analizzati hanno un profilo abbastanza rassicurante, va detto che il Regolamento Reach, relativo alla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche nell’Unione europea, non prevede un limite di legge alla concentrazione della formaldeide nei prodotti tessili. In Europa la Francia, la Germania, l’Austria e la Svizzera hanno introdotto un tetto massimo alla concentrazione di questa sostanza, mentre limiti anche più restrittivi sono in vigore in Cina, Corea del Sud, Giappone e altri Paesi asiatici. La Cina, per esempio, ha fissato un limite pari a 20 mg/kg (ppm) di formaldeide nei prodotti destinati a bambini di età inferiore a 36 mesi, per il Giappone è di 16 ppm; un limite di 75 ppm nei tessuti a contatto con la pelle destinati agli adulti e di 150 ppm per quelli che non entrano in contatto con il corpo.
Gli effetti sulla salute dell’uomo della formaldeide sono noti: dal 1° gennaio 2016 è stata classificata dalla Iarc come “cancerogeno certo” per l’uomo. Solo di recente l’Unione europea ha introdotto la formaldeide nel Reach come sostanza pericolosa nei prodotti tessili, ma con un limite di 75 ppm.
Si tratta però di un divieto che entrerà in vigore tra due anni e non fa distinzione tra prodotti destinati ad adulti e prodotti destinati ai bambini.
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Germana Carillo