Parliamo troppo con i nostri figli? Perché dovremmo trascorrere più tempo in silenzio con loro

Diversamente da quanto si potrebbe pensare, il silenzio è il regalo più prezioso che possiamo fare a nostro figlio: solo grazie al silenzio egli sarà in grado di vivere le sue esperienze con piena consapevolezza

In tutti i tipi di relazione sociale, il silenzio viene visto spesso come un ostacolo, un momento di imbarazzo e disagio di cui sbarazzarsi il prima possibile.

Non è raro, infatti, che anche con persone completamente sconosciute si senta il dovere di “fare due chiacchiere” nel momento in cui ci si trova insieme a condividere un luogo o un momento – come l’ascensore in salita, la sala d’aspetto del dentista, il viaggio in treno e così via.

Questa abitudine a riempire il silenzio con chiacchiere talvolta inutili (quello che gli inglesi chiamano small talk) la portiamo anche nelle relazioni affettive che fanno parte della nostra vita: con il partner, con gli amici, con i nostri figli.

E invece, dobbiamo ricordare che il silenzio ha un valore importantissimo in ogni relazione e che, per questo motivo, va preservato e custodito.

Da genitori, essere in grado di stare in silenzio con i nostri figli è uno dei doni più grandi che possiamo fare loro. In questo articolo vogliamo spiegarvi cosa significa, per un bambino, vivere un momento di silenzio e perché è così importante che un genitore gli garantisca questa occasione.

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Analizzare il momento (e non viverlo)

Riflettiamoci un attimo: la maggior parte del tempo comunichiamo con i nostri figli bombardandoli di domande – su quello cha hanno fatto a scuola, sui loro gusti alimentari, sulle loro preferenze, sul loro stato d’animo e così via.

In realtà, tutte le domande che poniamo ai nostri figli spostano l’attenzione del bambino dal vivere pienamente il momento con i sensi e le emozioni verso l’analisi mentale dell’esperienza stessa.

In altre parole, piuttosto che permettere loro di godersi il momento, li spingiamo all’analisi del proprio godimento, alla descrizione del momento, al paragone con altri momenti simili.

Invece di lasciar loro assaporare il cibo con tutti i sensi, chiediamo subito com’è, se è di loro gradimento,  se è più o meno buono di un’altra cosa e così via.

Invece di lasciarli giocare immersi nella natura e nella contemplazione di piante e animali, chiediamo loro un parere sull’esperienza che stanno vivendo, sulla natura che li circonda, sull’osservazione di questa o quella pianta.

Praticamente, non lasciamo ai nostri figli la possibilità di vivere e di esperire perché li costringiamo a fare l’analisi di ciò che stanno vivendo.

Allo stesso tempo, creiamo una distanza fra noi e i nostri figli: costringendo nostro figlio a valutare il momento (o valutandolo noi al suo posto), perdiamo l’opportunità di vivere il momento con spontaneità e consapevolezza nel presente.

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Perché parliamo sempre

Insomma, abbiamo capito che questo dialogo continuo e incessante con i nostri figli relativo alle attività che stanno svolgendo è deleterio e li limita nel pieno godimento della loro esperienza.

Ma perché noi genitori non sembriamo essere in grado di vivere il momento presente in silenzio, senza fare mille domande? Ci sono diversi motivi alla base di questo comportamento, che tendenzialmente hanno a che fare con le nostre insicurezze:

  • ci sentiamo a disagio stando in silenzio perché noi stessi, quando eravamo piccoli, non abbiamo mai imparato a stare semplicemente in silenzio in compagnia degli adulti
  • ci troviamo in difficoltà a vivere nel momento presente, e chiacchierare senza sosta con nostro figlio o fargli domande è un modo per distrarci
  • oppure, riteniamo nostro figlio incapace di vivere in modo autonomo una certa esperienza, e sentiamo il dovere di raccontargliela e descrivergliela per metterlo nelle condizioni di viverla appieno.

Riscoprire il valore del silenzio

In altre culture del mondo, il silenzio ha un ruolo molto più importante nelle relazioni genitori-figli: ci sono molte meno istruzioni verbali, e i bambini imparano osservando gli adulti impegnati nelle loro attività, essendo poi liberi di esperire il mondo a modo proprio.

Questo non vuol dire, ovviamente, che il bambino viene lasciato a se stesso: l’adulto è molto presente e sempre pronto a correre in suo supporto non appena vede incertezza, disagio, rabbia o qualsiasi altra emozione negativa.

Se il bambino si arrabbia perché non riesce a fare bene una cosa, il genitore lo abbraccia e sta con lui, offrendogli uno spazio amorevole dove è giusto provare qualsiasi emozione negativa.

In questo modo, senza parole ma con l’esempio e il contatto fisico, il bambino cresce più sereno, felice, empatico, ed è molto più connesso con il qui e ora, consapevole del suo presente e di ciò che sta vivendo in questo momento.

Possiamo provare a portare un po’ di questa filosofia di vita nella relazione con i nostri figli: proviamo a rimanere in silenzio con nostro figlio, pur svolgendo un’attività insieme, per una mezz’oretta.

Mettiamo da parte smartphone e altre distrazioni e concentriamoci solo su quello che stiamo facendo insieme, evitando di commentare, istruire, fare domande, lodare, sgridare o qualsiasi altro modo di guidare il comportamento del bambino.

Facciamo poi caso a come ci fa sentire questo modo di stare con nostro figlio, e come questo momento di silenzio e profonda connessione possa giovare alla relazione che abbiamo con lui. 

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