Parlare ai bambini fin da piccoli, piccolissimi, non li aiuta solo ad arricchire nel tempo il loro vocabolario, iniziandoli alla complessa arte del linguaggio. Secondo un nuovo studio, migliora anche il loro QI
Parlare ai bambini fin da piccoli, piccolissimi, non li aiuta solo ad arricchire nel tempo il loro vocabolario, iniziandoli alla complessa arte del linguaggio. Secondo un nuovo studio, migliora anche il loro QI.
I recenti progressi nella neuroscienza hanno portato a una maggiore comprensione degli effetti delle prime esperienze sul cervello, soprattutto per la componente linguistica, cognitiva e socio-emotiva. Lo sviluppo del linguaggio inoltre viene studiato da tempo, con ricerche approfondite che documentano le relazioni tra esposizione anticipata alla lingua degli adulti e le capacità linguistiche dei bambini.
Nel nuovo studio, i pediatri sono andati oltre e hanno dimostrato che l’esperienza linguistica nel secondo anno di vita aiuta a raggiungere risultati linguistici importanti nella tarda infanzia, con migliori risultati in termini di QI in età scolare.
Il team di ricercatori ha studiato 146 bambini da 2 a 36 mesi, registrando sia il numero totale di parole che essi avevano ascoltato dagli adulti giornalmente sia le loro conversazioni una volta al mese, per un totale di 6 mesi. I ricercatori ne hanno poi esaminato il linguaggio e svolto dei test cognitivi quando gli stessi bambini avevano tra 9 e 14 anni. È stata valutata l’esposizione linguistica per 3 gruppi di età: da 2 a 17 mesi, da 18 a 24 mesi e oltre i 25.
Hanno così scoperto che i piccoli con cui gli adulti avevano parlato di più a 18-24 mesi avevano una media del 14-27% di prestazioni più elevate su test del QI, comprensione verbale e vocabolario ricettivo ed espressivo. Secondo i ricercatori, ciò era dovuto all’interazione basata sul linguaggio:
“Questi dati supportano l’ipotesi che la conversazione e l’interazione precoce, in particolare durante la finestra di sviluppo relativamente ristretta tra 18 e 24 mesi di età, possano essere utilizzate per prevedere la lingua dell’età scolare e gli esiti cognitivi. Con questi risultati, sottolineiamo la necessità di efficaci programmi di intervento precoce che supportino i genitori nella creazione di un ambiente di apprendimento della lingua iniziale ottimale in casa”.
Al di là dei risultati scolastici, non stanchiamoci mai di parlare ai nostri bambini, di raccontare loro una storia, di riuscire a trascorrere del tempo insieme a loro, di qualità. Non ne va solo della loro intelligenza.
Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Pediatrics.
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Francesca Mancuso