Uno studio conferma che i parchi giochi in provincia di Bolzano sono contaminati da pesticidi utilizzati nelle coltivazioni di mele
Un nuovo studio conferma che, in provincia di Bolzano, i parchi giochi sono contaminati da pesticidi. Si tratta di quelle stesse sostanze chimiche che, comunemente utilizzate sulle coltivazioni di mele e altra frutta, riescono a raggiungere le aree destinate ai bambini.
Il problema riguarda non solo i parchi giochi ma anche i cortili delle scuole che si trovano nelle vicinanze dei frutteti, trattati in maniera molto massiccia con pesticidi, utili a tenere lontani insetti e parassiti a scapito però dell’ambiente, degli animali, della nostra salute e anche di quella dei nostri figli.
Vi ricordiamo tra l’altro che proprio le mele, la cui produzione è particolarmente concentrata in Sud Tirolo, sono tra i frutti più ricchi di pesticidi.
Tornando al nuovo studio, condotto dal Servizio medico altoatesino, dall’Istituto Ramazzini di Bologna e da Pan Europe, questo ha analizzato 96 campioni di erba raccolti in primavera, estate, autunno e inverno in 24 siti (19 parchi giochi pubblici, 4 cortili scolastici e un mercato situato all’interno di paesaggi agricoli a gestione intensiva) distribuiti in varie zone della provincia di Bolzano.
I campioni sono stati analizzati per 281 sostanze, utilizzando la gascromatografia e la spettrometria di massa.
Vi erano stati già dei precedenti, in particolare uno studio del 2019 che aveva dimostrato come in primavera (periodo in cui si utilizzano maggiormente i pesticidi) quasi la metà dei parchi analizzati risultava contaminata da pesticidi. Ora il nuovo studio intendeva valutare se lo stesso problema si presentava anche nelle altre stagioni dell’anno.
E la risposta, purtroppo, è sì. Non solo lo studio ha confermato quanto scoperto dal precedente ma la situazione è addirittura peggiorata.
I risultati dello studio
Le analisi dello studio “Year-round pesticide contamination of public sites near intensively managed agricultural areas in South Tyrol“, condotto da Caroline Linhart, Simona Panzacchi, Fiorella Belpoggi, Peter Clausing, Johann G. Zaller & Koen Hertoge, hanno individuato un totale di 32 residui di pesticidi e un agente conservante.
Il 96% dei siti analizzati sono risultati contaminati da almeno 1 residuo di pesticidi e nel 79% dei siti ve ne era più di uno. Si trattava in particolare dei seguenti fitofarmaci (interferenti endocrini anche a dosi molto basse):
- clorpirifos metile (0,71 mg/kg)
- oxadiazon (0,64 mg/kg)
- captan (0,46 mg/kg)
- fluazinam (0,23 mg/kg)
A preoccupare di più è il clorpirifos, sostanza neurotossica per lo sviluppo cognitivo dei bambini, non a caso soprannominata “nemico dei bambini”. In Europa è stato messo al bando già da fine gennaio 2020 ma in Italia è stato prorogato l’uso del metile per la raccolta delle pere.
Effettivamente, la maggior parte dei residui si registrava in primavera ma anche nelle altre stagioni il problema era serio:
- 25 residui sono stati individuati nell’83% dei siti in primavera
- 9 nel 79% dei siti in estate
- 3 nel 50% dei siti in autunno
- 4 nel 17% dei siti in inverno
Il problema è che, invece di prendere subito provvedimenti per evitare la contaminazione dei luoghi frequentati dai bambini (che già si conosceva grazie allo studio precedente), non si è fatto nulla o comunque non è stato abbastanza. I frutteti rimangono avvelenati dai pesticidi e in zone troppo vicine a scuole e parchi giochi. Una contaminazione certamente involontaria ma che è potenzialmente pericolosa.
Ad essere contaminata è ovviamente l’erba di parchi e cortili che, almeno in teoria, i bambini non dovrebbero mangiare ma sappiamo bene che i piccoli toccano, esplorano e spesso mettono in bocca. Dunque la possibilità di esposizione ai fitofarmaci esiste e deve essere presa seriamente in considerazione.
Il livello di contaminazione è stato confrontato con i Limiti massimi di residui ammessi negli alimenti, un modo per avere un termine di paragone anche se, come già detto, l’erba dei cortili e dei parchi giochi non viene mangiata dai bambini. Sono stati considerati i parametri per la lattuga, gli spinaci e le fragole e in base a questo confronto si è visto che le concentrazioni di clorpirifos (0,001 mg/kg) erano oltre 71 volte il limite per gli alimenti, quelle di fluazinam fino a 24 volte, per la dodina fino a 23 volte, per il captan fino a 15 volte, per il folpet fino a cinque volte e per il meptyldinocap fino a tre volte.
Una situazione molto seria, come evidenziano gli autori dello studio:
“È preoccupante che molti dei residui rilevati siano principi attivi endocrini e che alcuni di essi (tiacloprid, bupirimato, captan, folpet) siano ‘sospetti cancerogeni per l’uomo’, secondo le autorità dell’UE. Pertanto, chiediamo controlli più efficaci delle applicazioni di pesticidi per ridurre al minimo la dispersione dei pesticidi nei luoghi pubblici”.
Gli autori concludono che sulla questione dovrebbe intervenire urgentemente l’Efsa per rivedere le linee guida:
“I nostri risultati suggeriscono anche che le lineeguida dell’Efsa, Autorità europea per la sicurezza alimentare, relative all’esposizione di operatori, lavoratori, residenti e astanti non sono sufficientemente protettive, perché basano la loro valutazione del rischio sulla volatilità, trascurando altri meccanismi di deriva, ad esempio attraverso il particolato. Pertanto, suggeriamo di includere studi sul campo, come il nostro studio, nella valutazione del rischio. Pertanto, raccomandiamo una riduzione complessiva dell’uso di pesticidi e miglioramenti nelle pratiche agricole come misure precauzionali per proteggere la salute umana e ambientale dall’esposizione incontrollata ai pesticidi”.
Lo studio è stato pubblicato su Environmental Sciences Europe.
Fonte: Environmental Sciences Europe
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