Quali sono i neonati che piangono di più? A dominare la classifica mondiale sono i canadesi. Ma anche i piccoli italiani non scherzano: sono infatti al terzo posto, al secondo troviamo gli inglesi
Quali sono i neonati che piangono di più? A dominare la classifica mondiale sono i canadesi. Ma anche i piccoli italiani non scherzano: sono infatti al terzo posto, al secondo troviamo gli inglesi.
A stabilirlo è stato un nuovo studio condotto dagli scienziati dell’Università di Warwick che hanno considerato circa 30 ricerche durante le quali i genitori hanno monitorato il pianto dei neonati ogni giorno nei primi mesi di vita. Il professor Dieter Wolke ha analizzato degli studi che hanno coinvolto 8.700 bambini tra i vari paesi, tra cui Germania, Danimarca, Giappone, Canada, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito.
È emerso che durante le prime sei settimane, i neonati in media piangono tra i 117 e i 133 minuti al giorno, circa due ore. Col passare delle settimane, questa cifra scende fino ad arrivare a 68 minuti tra le 10 e le 12 settimane.
Ma chi sono i piccoli che piangono di più?
I più frignoni sono i canadesi, britannici, italiani e olandesi. Al contrario Danimarca, Germania e Giappone hanno fatto registrare la presenza dei più bassi livelli di pianto.
Secondo il dottor Wolke, il 34,1 per cento dei bambini canadesi fino alle 9 settimane di vita piange per più di tre ore al giorno almeno per tre giorni alla settimana. Nel Regno Unito la cifra è del 28% mentre in Italia è del 20,9.
Al contrario solo il 5,5 per cento dei bambini danesi piange per più di tre ore al giorno, e solo il 6,7 per cento dei bambini tedeschi.
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Generalizzando, secondo i ricercatori in parte potrebbe dipendere dai genitori: quelli danesi sono più rilassati e rispondono meno velocemente al pianto dei neonati, incoraggiando il bambino a calmarsi da solo. Un altro fattore potrebbe anche affondare le radici nella genetica delle differenti popolazioni. Lo stesso motivo per cui in alcuni paesi si tende ad essere più introversi e più tranquilli che in altri.
Non bisogna però ricondurre tutto ai genitori o alla “nazionalità”. Va innanzitutto precisato che nel corso dei primi tre mesi mamma e papà hanno meno influenza sulla durata del pianto di quello che pensano.
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In ogni caso, un valido aiuto è fornito dal babywearing. Soprattutto nel corso dei primi mesi, i bambino sentono la necessità fisica di stare a contatto con la mamma, un bisogno primario importante quanto la fame e il sonno.
Ormai, grazie alla diffisione sempre più capillare del babywearing si tende a riconoscere questo bisogno dei neonati e a soddisfarlo. Il risultato? Neonati e genitori più sereni.
Francesca Mancuso