Mamme, la Finlandia è il miglior Paese dove fare figli. L’Italia è all’11° posto

La Finlandia è il miglior Paese per mamme e figli. L'Italia è al 17° posto

In quale Stato conviene essere madri? A quanto pare, e non poteva essere altrimenti, il Nord Europa è l’Eldorado delle donne. A confermarlo Save the Children, che ha analizzato lo stato di salute e di benessere delle madri in quasi 180 Paesi del mondo.

Insomma, dove si sente più coccolata una futura madre? Finlandia e Stati limitrofi, dove madri e figli hanno a loro favore misure governative che farebbero rabbrividire il più abile e competente (semmai ci fosse) ministro delle Pari opportunità qui in Italia. E il motivo è che l‘Italietta in cui abitiamo si piazza all’11° posto, undicesimo, quanto a benessere di donne incinte, madri e prole a venire. Salti di gioia, se consideriamo che prima eravamo diciassettesimi in classifica.

Sono i dati che emergono dal 15° rapporto di Save the Children sullo stato delle madri e dei bambini nel mondo, che analizza 178 Paesi prendendo in considerazione 5 semplici indicatori: salute materna e rischio di morte per parto, benessere dei bambini e tasso di mortalità entro i 5 anni, grado di istruzione, condizioni economiche e Pil procapite, partecipazione politica delle donne al governo.

Ed è così che Finlandia, Norvegia e Svezia si aggiudicano il podio dei Paesi dove lo stato di salute delle donne, ma anche il livello di istruzione, le condizioni economiche, politiche e sociali garantiscono il benessere alle mamme e ai figli, seguiti da Islanda, Paesi Bassi, Danimarca, Spagna, Germania, Australia e Belgio. In fondo alla classifica svettano invece gli Stati dell’Africa sub-sahariana, con in coda la Somalia, preceduta dalla Repubblica Democratica del Congo e, a pari merito, da Niger e Mali, che ottengono punteggi molto scarsi per ognuno dei 5 rilevatori.

locandina save

Quest’anno l’Italia balza dal 17° all’11° posto, complice, pare, l’aumento della presenza delle donne al governo (dal 20,6% della scorsa edizione al 30,6% di quest’anno). Un dato che, in ogni caso, resta più basso rispetto a quello di Paesi come l’Angola (36,8%), il Mozambico (39,2%) e il Timor est (38,5%). Le condizioni di salute delle mamme e dei bambini italiani si mantengono a livelli alti (il tasso di mortalità femminile per cause legate alla gravidanza e al parto è pari a 1 ogni 20.300, quello di mortalità infantile è di 3,8 ogni 1000 nati vivi), come abbastanza elevato è il livello di istruzione delle donne, pari a 16,3 anni di formazione scolastica. E allora cos’è che ci tiene così lontani dalla perfezione? Il decremento del reddito nazionale pro capite, che passa da 35.290 a 33.860 euro…

E non solo. Prendiamo una gravidanza per esempio. Nel corso dei 9 mesi la donna italiana è lasciata completamente in balia di se stessa e degli sforzi economici della propria famiglia (sempre se vogliamo considerare che non sia stata cacciata via dal proprio posto di lavoro all’annuncio della lieta novella…). Se si vuole affidare a strutture private (non sempre quelle pubbliche – ma a onor del vero non tutte – lasciano soddisfatta una futura mamma), le spese di analisi, test, esami strutturali richiesti nell’arco della gestazione schizzano all’impazzata. E poi, una volta arrivato il bebè, ricominciano altre spese. Nulla a che vedere, insomma, già solo con il kit di benvenuto che in Finlandia lo Stato regala a una futura mamma con un mucchio di vestitini, lenzuola, giocattoli, prodotti per l’igiene del bebè e soprattutto una scatola che in molti usano come culletta per i primi mesi (e lo Stato permette anche di scegliere se ricevere la scatola o una sovvenzione in denaro, pari a 140 euro).

baby box finlandia

GLI ESTREMI – Se si prendono in considerazione i singoli indicatori, i confronti tra i primi e gli ultimi della classifica dovrebbero far riflettere. Se in Svezia una donna su 14.100 rischia di perdere la vita per cause legate alla gravidanza o al parto, in Ciad può accadere a una donna una su 15. Un bambino su 5 in Sierra Leone rischia di morire prima di aver compiuto 5 anni, mentre in Islanda corre questo rischio solo uno su 435.

Le crisi umanitarie, poi, ci mettono del loro: i conflitti o le calamità naturali, con gli annessi problemi di accesso e qualità delle cure sanitarie, delineano un quadro disastroso. Sono ben 250 milioni i bambini al di sotto dei 5 anni che vivono in paesi in conflitto, nei quali si concentra il 56% di tutte le morti materne e infantili. E accanto alla guerra ci sono le catastrofi naturali, il 95% delle quali colpisce i paesi in via di sviluppo.

Ma le madri di tutto il mondo, anche nei contesti più difficili, fanno di tutto per portare avanti la promessa che fanno ai loro figli nel giorno in cui li mettono al mondo, quella di proteggerli sempre. Vediamo spesso madri che durante le crisi umanitarie più acute cercano di trasformare un campo profughi in una casa, che scappano dalle violenze con i propri figli tra le braccia. Sono quelle stesse madri che vediamo sbarcare quotidianamente sulle nostre coste con i loro bambini, o ancora quelle che mettono il proprio figlio in viaggio, sapendo i rischi che corre ma aggrappandosi alla speranza che essi siano inferiori a quelli che correrebbe se restasse. Sono quelle madri che continuano ad andare avanti concentrandosi sulla speranza che il futuro dei loro figli possa essere migliore e alle quali dobbiamo dare una rispostaha concluso il direttore generale di Save the Children Italia Valerio Neri.

Germana Carillo

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