Le culture indigene di tutto il mondo tendono a considerare i bambini come intrinsecamente capaci. Consentono loro molta più libertà e autonomia
Nella società moderna tendiamo a proteggere molto i nostri figli da potenziali rischi e pericoli – forse troppo. Tendiamo a dimenticare, infatti, che i bambini piccoli posseggono capacità di sopravvivenza innate al pari dei cuccioli di altre specie animali.
E invece, appena nati, i nostri bambini finiscono subito in una “bolla” morbida e calda che ha l’obiettivo di proteggerli dalle intemperie, dalle malattie, ma anche da rischi fisici come oggetti appuntiti, luoghi impervi, fuoco o animali pericolosi.
Eppure, proprio come qualsiasi altro cucciolo di animale, anche i bambini molto piccoli possono riuscire a cavarsela in situazioni lontane dalla civiltà e dalla presenza rassicurante dei genitori.
L’incidente aereo in Colombia
Ricorderete forse un terribile incidente aereo avvenuto nel giugno scorso in Colombia: un piccolo velivolo era precipitato nel mezzo della foresta, e gli unici sopravvissuti allo schianto erano stati tre giovanissimi passeggeri di 13, 9 e 4 anni e un neonato di pochi mesi.
Questi bambini appartenevano della comunità indigena Huitoto. La macchina delle ricerche era stata attivata subito, ma i bambini erano stati ritrovati solo dopo quaranta giorni – tutti miracolosamente vivi e in discrete condizioni di salute. Com’è stato possibile?
Le capacità innate dei bambini
Consideriamo i nostri bambini incapaci di cavarsela da soli, in grado di discernere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato solo grazie a un sistema di punizioni e ricompense che noi adulti imponiamo loro, bisognosi di qualcuno che li guidi costantemente.
In realtà, l’unico modo attraverso cui i bambini apprendono abilità e comportamenti è l’osservazione di un modello e l’imitazione di quel modello.
Quindi, anziché proteggere i bambini impedendo loro di provare a fare le cose, è molto meglio lasciar loro la possibilità di mettersi alla prova e sperimentare attraverso il gioco.
Ma la maggior parte dei genitori non accorda ai figli questa libertà, e ciò veicola ai bambini messaggi contrastanti:
- impedendo loro di partecipare alle attività, neghiamo il loro ruolo di membri attivi della famiglia
- interferendo continuamente nel loro modo di muoversi, dimostriamo che non ci fidiamo abbastanza di loro e li priviamo al contempo della fiducia nel proprio intuito
- se li educhiamo attraverso punizioni e ricompense, li portiamo a pensare di aver bisogno di un controllo esterno per fare la cosa giusta.
- proibendo loro di arrampicarsi su un albero o di usare un coltello, li priviamo della possibilità di imparare a gestire i pericoli in modo sicuro
Tutti questi atteggiamenti portano i bambini ad avere delle convinzioni limitanti su se stessi e sulle loro capacità, e a crescere sempre più vittime della paura.
Le comunità indigene, al contrario, hanno una visione diametralmente opposta dei figli. I bambini indigeni osservano i genitori e gli altri membri della comunità svolgere le loro attività e li imitano, a loro modo.
I genitori li considerano esseri capaci fin dalla nascita, meritevoli dello stesso rispetto di qualsiasi altro essere umano.
Sono attenti e osservano il bambino. Se lo ritengono troppo piccolo, gli insegnano ad osservare e gli mostrano i pericoli.
Quando lo ritengono pronto, gli permettono di fare, rimanendo però vigili per intervenire in caso di necessità. In questo modo, i bambini sviluppano fiducia e competenza.
La sopravvivenza di quattro bambini indigeni quindi, per quanto straordinaria, non è da considerarsi un miracolo. Alla luce della loro cultura e del loro stile di vita, appare come un risultato naturale.
Quale insegnamento possiamo trarre per la nostra quotidianità? Cerchiamo di lasciare i nostri figli più liberi di esplorare, sperimentare, scoprire – anche a rischio di compiere qualche passo falso e farsi un po’ male.
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