Nel 1976 Alberto Manzi, celebre pioniere dell'alfabetizzazione degli italiani, scrisse una bellissima lettera agli alunni di V elementare.
“Volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore”. Sembra scritta per i bimbi di oggi e invece è del 1976 la lettera che Alberto Manzi, indimenticabile pioniere dell‘alfabetizzazione in Italia, lasciò ai suoi alunni di quinta elementare.
Diventato celeberrimo per aver condotto “Non è mai troppo tardi”, un programma televisivo andato in onda negli anni ‘60 in cui insegnava a leggere e scrivere a 600mila italiani analfabeti, Manzi era convinto sostenitore della necessità che il sistema scuola dovesse essere capace di cambiare in meglio la società e non limitarsi a integrare lo studente nel mondo del lavoro.
“Spero che abbiate capito quello che ho sempre cercato di farvi comprendere: non rinunciate mai, e per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o ‘addomesticare’ come vorrebbe”.
Questo era Alberto Manzi, che nel suo mestiere di insegnante (e non solo nelle scuole pubbliche, ma anche negli istituti di pena e fiero maestro impegnato nella lotta per la scolarizzazione e la libertà delle popolazioni amazzoniche e dei contadini sudamericani), metteva un sano entusiasmo, fatto di una grande volontà di sperimentare e di rimettere tutto in discussione, e che non volle mai sottomettersi a una rigida gerarchia scolastica. Anzi, sue – nel 1950 – la lettera aperta a Gonella, allora ministro della Pubblica Istruzione, e le due pagine di Pensierini sulla scuola d’oggi: “la sconsolata e sconsolante radiografia di un malato che non è mai stato “immaginario”: “…Sono forse pensierini cattivi… avvelenati dalla bile di un fegato marcio. Scuola d’oggi: rovina di un prossimo futuro. Il male è alle radici, è nel tronco, è nei rami: ovunque. È nei maestri, nei direttori, negli ispettori, nel ministro. Cosicché le patrie galere rigurgitano di minorenni. Maestri impreparati e che non vogliono prepararsi sono dilagati nella scuola travolgendo i pochi onesti…
“Ti sei preparato?” “No. Che importa? Conosco il tale…”.
Frasi che, agli occhi di oggi, lasciano sgomenti e interdetti. Possibile che in più di mezzo secolo si sia fatto davvero così poco? La scuola d’oggi è ancora parecchio lontana da quella idealizzata da Manzi il secolo scorso…
La bellissima lettera di Alberto Manzi agli alunni di quinta elementare
Cari ragazzi di V,
abbiamo camminato insieme per cinque anni. Per cinque anni abbiamo cercato, insieme, di godere la vita; e per goderla abbiamo cercato di conoscerla, di scoprirne alcuni segreti.
Abbiamo cercato di capire questo nostro magnifico e stranissimo mondo non solo vedendone i lati migliori, ma infilando le dita nelle sue piaghe, infilandole fino in fondo perché volevamo capire se era possibile fare qualcosa, insieme, per sanare le piaghe e rendere il mondo migliore.
Abbiamo cercato di vivere insieme nel modo più felice possibile. È vero che non sempre è stato così, ma ci abbiamo messo tutta la nostra buona volontà. E in fondo in fondo siamo stati felici. Abbiamo vissuto insieme cinque anni sereni (anche quando borbottavamo) e per cinque anni ci siamo sentiti sangue dello stesso sangue.
Ora dobbiamo salutarci. Io devo salutarvi. Spero che abbiate capito quello che ho sempre cercato di farvi comprendere: non rinunciate mai, e per nessun motivo, sotto qualsiasi pressione, ad essere voi stessi. Siate sempre padroni del vostro senso critico, e niente potrà farvi sottomettere. Vi auguro che nessuno mai possa plagiarvi o “addomesticare” come vorrebbe.
Ora le nostre strade si dividono. Io riprendo il mio consueto viottolo pieno di gioie e di tante mortificazioni, di parole e di fatti, un viottolo che sembra sempre identico e che non lo è mai. Voi proseguite, la vostra strada è ampia, immensa, luminosa. È vero che mi dispiace non essere con voi, brontolando, imprecando; ma solo perché vorrei essere al vostro fianco per darvi una mano al momento necessario.
D’altra parte voi non ne avete bisogno. Siete capaci di camminare da soli a testa alta, perché nessuno di voi è incapace di farlo. Ricordatevi che mai nessuno potrà bloccarvi se voi non lo volete, nessuno potrà mai distruggervi se voi non lo volete. Perciò avanti serenamente, allegramente, con quel macinino del vostro cervello sempre in funzione; con l’affetto verso tutte le cose e gli animali e le genti che è già in voi e che deve sempre rimanere in voi, con onestà, onestà, onestà, onestà, e ancora onestà, perché questa è la cosa che manca oggi nel mondo, è a voi dovere ridarla; e intelligenza, e ancora intelligenza, e sempre intelligenza, il che significa prepararsi, il che significa riuscire sempre a comprendere, il che significa sempre riuscire ad amare e… amore, amore.
Se vi posso dare un comando, eccolo: questo io voglio. Realizzate tutto ciò, e io sarò sempre in voi, con voi.
E ricordatevi: io rimango qui, al solito posto. Ma se qualcuno, qualcosa, vorrà distruggere la vostra libertà, la vostra generosità, la vostra intelligenza, io sono qui, pronto a lottare con voi, pronto a riprendere il cammino insieme, perché voi siete parte di me ed io di voi.
Ciao.
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Germana Carillo