Ci sono immagini che fanno davvero stringere il cuore: come quelle che ritraggono il piccolo Hope, un bimbo di circa due anni che è strato trovato solo, nudo e malnutrito mentre vagava per le strade di Uyo, nel sud della Nigeria. A soccorrerlo e a prestargli le prime cure è stata la cooperante danese Anja Ringgren Loven, fondatrice, insieme al marito nigeriano, della African Children’s Aid Education and Development Foundation.
Ci sono immagini che fanno davvero stringere il cuore: come quelle che ritraggono il piccolo Hope, un bimbo di circa due anni che è strato trovato solo, nudo e malnutrito mentre vagava per le strade di Uyo, nel sud della Nigeria.
A soccorrerlo e a prestargli le prime cure è stata la cooperante danese Anja Ringgren Loven, fondatrice, insieme al marito nigeriano, della African Children’s Aid Education and Development Foundation.
Di Hope si sa poco o nulla. La sua età è stata stimata dai medici che lo stanno curando e il nome gli è stato attribuito dalla stessa Anja Loven al momento del ritrovamento: significa “speranza” e l’auspicio è che possa portare a questo bimbo tutte le gioie che la vita, almeno fino ad oggi, gli ha negato.
Nonostante la tenerissima età, Hope deve aver trascorso diversi mesi in strada, da solo, cibandosi unicamente della spazzatura e degli scarti trovati qua e là: molto probabilmente, la sua famiglia lo ha abbandonato, convinta che fosse uno stregone, condannandolo per questo a morire di stenti. Una pratica purtroppo frequente in alcune zone dell’Africa, a causa di un mix letale di povertà estrema, ignoranza e superstizioni dure a morire.
Si stima che, nella sola Nigeria, i bambini abbandonati per stregoneria siano circa 15.000 all’anno. La ONG fondata tre anni fa da Anja Loven si occupa soprattutto di queste piccole vittime, per salvarle dalla strada e garantire loro una casa, un’istruzione e la necessaria assistenza medica.
Hope è solo l’ultimo di una lunga lista. Trovato da Loven lo scorso 31 gennaio, è stato portato in ospedale, dove è tuttora ricoverato: il suo pancino era gonfio e pieno di vermi, il suo corpicino scheletrico. I medici lo stanno sottoponendo a delle cure per eliminare i vermi e a delle trasfusioni quotidiane, per riportare i suoi valori nella norma.
Quando sarà dimesso, Hope verrà accolto nel centro per bambini gestito dalle ONG di Loven. Per il momento, la cooperante danese sta documentando sui social media i suoi progressi: tra gli scatti che lo ritraggono, ce ne sono alcuni, tenerissimi, in cui il bimbo gioca con il piccolo David jr., il figlio di quindici mesi di Loven. Lo smarrimento che si leggeva nei suoi occhi al momento del ritrovamento sembra finalmente aver lasciato posto ad un sorriso timido, come se stesse mano a mano recuperando fiducia nell’umanità.
“Le condizioni di Hope sono stabili, adesso.” – è il commento di Anja Loven ad alcune foto postate nei giorni scorsi sulla pagina Facebook della ONG – “Riesce a prendere il cibo da solo e risponde alle cure. Oggi ha persino avuto la forza di mettersi a sedere e di sorriderci. È un bimbo piccolo ma forte. Non so come descriverlo con parole. Questo è proprio ciò che rende la vita così bella e lascerò che siano le immagini a parlare.”
Nel frattempo, la storia terribile e commovente di Hope è rimbalzata sui social, suscitando un’ondata di commozione spontanea: alla ONG danese sono arrivate donazioni da tutto il mondo, per un valore complessivo di 1 milione di dollari. Con questi soldi, si potranno offrire al bambino le migliori cure possibili e il sogno di Anja di costruire una nuova casa che ospiti tutti i bimbi dell’organizzazione potrà finalmente diventare realtà. Un piccolo miracolo della solidarietà, insomma.
Ma per rendere davvero giustizia a Hope e ai bambini come lui, vittime innocenti di un mondo dominato dalle disuguaglianze, in cui l’1% della popolazione detiene più ricchezza del restante 99%, dovremmo ricordarci delle loro esistenza ogni singolo giorno, e non ad intermittenza, quando una storia che li riguarda diventa virale e ci costringe a guardare in faccia la realtà.
Lisa Vagnozzi
Photo Credits: Anja Loven-Facebook
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