Ecco come il metodo danese ci insegna ad affrontare il bullismo in modo nuovo, usando un'arma potente: l'empatia
Il 7 febbraio è la Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo. Il problema del bullismo nelle sue innumerevoli declinazioni è tutt’altro che sorpassato, nonostante le campagne di sensibilizzazione promosse negli ultimi anni. Ma c’è un paese in Europa, da sempre famoso per l’elevato tasso di felicità, che ha trovato un metodo per contrastarlo, e sembra funzionare davvero.
Stiamo parlando della Danimarca dove il bullismo non è considerato una colpa individuale, come succede in Italia e in altri paesi, ma come una conseguenza di comportamenti intolleranti e dinamiche scorrette di gruppo. Ecco perché qui non si puniscono i singoli bulli ma si interviene ad ampio spettro.
Lo racconta la psicologa americana, sposata con un danese, Jessica Alexander, famosa per il bestseller “Il metodo danese per crescere bambini felici!”, che a fine 2018 ha pubblicato un altro libro dedicato, questa volta, alla felicità a scuola e in famiglia, dal titolo “Il nuovo metodo danese per educare i bambini alla felicità a scuola e in famiglia”. (#linkaffiliazione)
Come riporta la Repubblica, che ha intervistato la scrittrice sul delicato tema, grazie al programma “Liberi dal bullismo” la Danimarca è riuscita in 10 anni a ridurre drasticamente il fenomeno, con percentuali di ragazzi coinvolti passate dal 25 al 7%.
Come funziona il metodo danese
Come dicevamo, i danesi non adottano punizioni che colpiscono il singolo bullo, ritenendo che nessun bambino sia davvero cattivo, piuttosto cercano di aiutare gli studenti emarginati a inserirsi bene nelle dinamiche di classe, in modo da farli sentire accettati e valorizzati.
In questo modo i bambini più violenti cambiano atteggiamento perché l’ansia sociale, dovuta alla paura di non piacere e di non essere all’altezza degli altri, quindi della non accettazione, diminuisce. Spesso è infatti il sentirsi esclusi, o la paura che questo accada, a fomentare l’atteggiamento da bullo in alcuni giovani.
Per riuscire nell’intento, gli insegnanti danesi ricorrono anche al cosiddetto sondaggio del benessere, attraverso il quale fanno una serie di domande ai bambini, chiedendo loro di indicare, fra le altre cose, quanto sono felici da 1 a 10. Il questionario serve ai docenti per capire meglio i loro alunni e poterli quindi indirizzare nella maniera più corretta, aumentando il senso di benessere, chiamato “trivsel” e molto più importante, come spiega Jessica (#linkaffiliazione) nel suo ultimo manuale, dei voti alti.
I dati così raccolti vengono inseriti in una rappresentazione grafica della gerarchia del gruppo, che permette di capire quali sono gli studenti più popolari e quali i più emarginati, pianificando di conseguenza le lezioni, in modo da farli interagire meglio fra loro.
Gli studenti dai 6 ai 16 anni vengono inoltre invitati a dedicare un’ora alla settimana all’ascolto reciproco e al miglioramento delle dinamiche di classe, impartendo delle lezioni di tolleranza, appartenenza ed empatia, la cosiddetta “Klassens tid”, capacità di comprendere ciò che sentono gli altri bambini.
Soluzioni simili sostenute, in ambito familiare, da un’educazione attenta ai bambini, ma non soffocante, portano risultati.
Qualche consiglio del metodo danese per i genitori? Far giocare i bambini liberamente, senza costringerli a fare un corso dopo l’altro pur di riempirgli la giornata, essere sinceri, insegnarli l’empatia, evitare gli ultimatum e le sculacciate, fornirgli una forte rete sociale e infine insegnargli l’Hygge, quel senso di intimità, accoglienza, serenità che piace tanto ai danesi e che sarebbe il segreto della loro felicità.
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