Utilizzare il microonde è il modo più veloce per riscaldare cibi e bevande per bambini ma, se si utilizzano contenitori in plastica, si rischia il rilascio di enormi quantità di minuscole particelle di questa sostanza. Ad affermarlo è una nuova ricerca dell'Università del Nebraska-Lincoln
Sono davvero sconvolgenti i risultati ottenuti da uno studio sui contenitori alimentari in plastica per bambini utilizzati nel forno a microonde. Gli scienziati dell’Università del Nebraska-Lincoln hanno dimostrato infatti che tali contenitori, tra cui i biberon, disponibili sugli scaffali dei negozi statunitensi possono rilasciare un numero enorme di particelle di plastica.
Ma di che quantitativo effettivamente si parla? Nei casi peggiori, di oltre 2 miliardi di nanoplastiche e 4 milioni di microplastiche per ogni centimetro quadrato di contenitore!
Il problema è ovviamente che queste piccolissime parti di plastica finiscono poi nel latte, in altre bevande o nel cibo dei bambini. La ricerca ha anche scoperto che le microplastiche (comprese quelle approvate per l’uso nel microonde), nei test in vitro, provocavano la morte delle cellule renali in soli due giorni.
Il team ha condotto lo studio a partire dal 2021, anno in cui l’autore principale della ricerca, Kazi Albab Hussain, è diventato padre e ha iniziato ad interessarsi maggiormente ai rischi della presenza di contaminati all’interno degli strumenti che si utilizzano per riscaldare cibi e bevande ai neonati.
Gli esperti hanno condotto esperimenti su due contenitori per alimenti per bambini in polipropilene e un sacchetto riutilizzabile in polietilene, entrambi approvati dalla Food and Drug Administration statunitense.
Come si legge sul sito dell’Università, l’esperimento si è svolto così:
I ricercatori hanno riempito i contenitori con acqua deionizzata o acido acetico al 3% – quest’ultimo destinato a simulare latticini, frutta, verdura e altri materiali di consumo relativamente acidi – quindi li hanno riscaldati a piena potenza per tre minuti in un microonde a 1.000 watt. Successivamente, hanno analizzato i liquidi alla ricerca di micro e nanoplastiche: le micro sono particelle di almeno 1/1.000 di millimetro di diametro, le nano particelle più piccole. Il numero effettivo di ciascuna particella rilasciata dal microonde dipendeva da molteplici fattori, tra cui il contenitore di plastica e il liquido al suo interno. Ma sulla base di un modello che ha preso in considerazione il rilascio di particelle, il peso corporeo e l’ingestione pro capite di vari cibi e bevande, il team ha stimato che i bambini che bevono prodotti con acqua messi nel microonde e i bambini piccoli che consumano latticini nel microonde stanno assumendo le maggiori concentrazioni di plastica.
Più nello specifico, lo studio spiega che:
I risultati del modello di esposizione hanno suggerito che l’assunzione giornaliera stimata più alta era di 20,3 ng/kg al giorno per i neonati che bevevano acqua scaldata al microonde e di 22,1 ng/kg al giorno per i bambini piccoli che consumavano prodotti lattiero-caseari scaldati al microonde da contenitori di polipropilene.
Inoltre, lo studio ha notato che vi è una notevole dispersione di nano e microparticelle di plastica anche quando i contenitori vengono esposti sugli scaffali di un punto vendita a temperatura ambiente o conservati in frigorifero, come spesso accade. Pertanto, il rilascio di tali particelle non è esclusivamente attribuibile all’uso del microonde, anche se in quest’ultimo caso la problematica è maggiore.
Con l’aiuto di Svetlana Romanova del Centro medico dell’Università del Nebraska, il team ha poi esposto le cellule renali embrionali alle particelle di plastica effettivamente rilasciate dai contenitori.
Piuttosto che introdurre solo il numero di particelle rilasciate da un contenitore, i ricercatori hanno invece esposto le cellule a concentrazioni di particelle che neonati e bambini piccoli potrebbero accumulare nel corso di giorni o da più fonti.
Dopo due giorni, solo il 23% delle cellule renali esposte alle concentrazioni più elevate era riuscito a sopravvivere, un tasso di mortalità molto più elevato di quello osservato nei precedenti studi sulla tossicità delle micro e nanoplastiche. Il team sospetta che le cellule renali potrebbero essere più suscettibili alle particelle rispetto ad altri tipi di cellule esaminate in ricerche precedenti.
Quale può essere la soluzione? Il dottor Hussain in merito ha dichiarato:
Dobbiamo trovare i polimeri che rilasciano meno particelle. Probabilmente, i ricercatori saranno in grado di sviluppare plastiche che non rilasciano micro o nanoplastiche o, se lo fanno, con un rilascio trascurabile. Spero che verrà un giorno in cui questi prodotti mostreranno etichette con la scritta ‘privo di microplastiche’ o ‘privo di nanoplastiche’.
Lo studio è stato condotto su prodotti venduti negli Usa ma il rischio che la situazione sia molto simile anche in Europa non è da sottovalutare. Di conseguenza, nell’attesa di ulteriori conferme, meglio evitare di scaldare contenitori in plastica nel microonde.
La ricerca è stata pubblicata su Enviromental Science & Technology.
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Fonte: Università del Nebraska Lincoln
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