La tribù dove il nome dei bambini è una canzone

C'è un villaggio indiano dove i bambini non vengono chiamati con il loro vero nome, ma con una melodia unica e mai uguale alle altre

La cosiddetta ‘canzone del bambino’ è una tradizione molto bella che si tramanda anche in alcune tribù dove ad esempio, una donna che scopre di aspettare un figlio compone una canzone che nasce dalla gioia di diventare mamma.

A Kongthong, un remoto villaggio indiano questa tradizione va avanti da secoli, ma con brani unici.

“Non ripetiamo mai una melodia: anche quando una persona muore, la melodia che era usata per chiamarlo non viene data a nessun altro e anche se, possono sembrare simili, possiamo sempre distinguere una melodia da un’altra”, spiega Darmasius Rani.

Secondo The Better India, l’uso di melodie come nomi sembra avere le sue origini nel folklore, con la convinzione che “se gli spiriti invisibili delle foreste sentono chiamare il nome di qualcuno, ciò fa ammalare la persona”.

Quindi in poche parole invece di chiamarsi con dei nomi, ognuno viene identificato con un suono ispirato alla natura. Ogni jingrwai lawbei può essere ispirato al canto di un uccello o può essere fischiettato.

Tra loro quindi non usano mai i loro nomi ufficiali ma questi suoni di 5-6 secondi, tuttavia c’è un momento in cui i nomi veri vengono usati: quando qualcuno si mette nei guai!

In questo video potete ascoltare qualche melodia:

La canzone del bambino in Africa

In alcune tribù africane,invece, quando una donna è incinta, va nella foresta insieme ad altre donne e insieme pregano e meditano per comporre la cosiddetta canzone del bambino, ovvero una melodia ispirata alla natura che verrà cantata da tutta la tribù alla nascita.

Ma non solo, essendo una melodia intima, la canzone accompagnerà tutti i momenti più importanti della vita: nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza e poi all’età adulta, durante il suo matrimonio e poi infine come addio durante il funerale.

Perfino se si commette un crimine: la persona entra a far parte di un rituale. Chiamato al centro, tutti cantano la sua canzone perché la tribù non ha come obiettivo quello di condannare o schernire, ma quello di far riflettere colui che ha sbagliato ricordandogli da dove viene attraverso il canto.

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