Il segreto per un buon rendimento a scuola? Un'infanzia fatta solo di giochi!
Bambini e tempo libero: avete mai pensato che forse forse a questi nostri figli facciamo fare troppe cose?
Oggi, noi nevrotici genitori presi da ansie da prestazione ci preoccupiamo un po’ troppo del rendimento scolastico, anche addirittura dei pupetti in età pre-scolare. Firmiamo delibere per attività di approfondimento e di lettura, lezioni di musica e strumenti a go go, persino gite ai musei e laboratori d’ogni sorta. Il tutto, spesso, nella speranza di ottenere dai nostri figli risultati eccellenti quando iniziano la scuola reale.
Il problema, tuttavia, è che quando i bambini più piccoli dei 6 o 7 anni passano così tanto tempo a fare attività organizzate, li allontaniamo dal gioco, di cui invece hanno disperatamente bisogno per lo sviluppo di altre aree del loro cervello e per il loro benessere.+
Non è un discorso da poco e ad avallare questa tesi ci ha pensato l’americana Angela Hanscom, autrice e terapista pediatrica (e madre di due bimbi!), che nel New England ha fondato TimberNook, un programma di sviluppo basato sulla natura e progettato per stimolare la creatività e il gioco indipendente all’aperto.
Così, invece di dare in pasto i bimbetti a ore e ore di pre-scrittura, pre-lettura, improbabili abilità matematiche, la Hanscom si è messa in testa che sarebbe meglio, per i bambini fino ai 7 anni, far vivere loro delle esperienze puramente sensoriali. Dove? All’aria aperta, ovviamente, “dove i sensi sono completamente accesi e i corpi giovani sono sfidati dall’irregolare e dall’imprevedibile, in un ambiente in continua evoluzione”.
L’idea di fondo è questa: quando i bambini non hanno accesso al gioco, si creano seri problemi che, si potrebbe sostenere, possono anche rendere il loro stesso rendimento scolastico inutile.
“Se i bambini non sono abituati abbastanza a muoversi, anche nella natura, e a fare delle autentiche esperienze di gioco, iniziano la loro carriera accademica con uno svantaggio. Essi hanno maggiori probabilità di essere goffi, hanno difficoltà a prestare attenzione, difficoltà a controllare le proprie emozioni, non sono in grado di gestire e risolvere i problemi e dimostrano difficoltà con le interazioni sociali. Siamo costantemente assistendo a problemi sensoriali, motori e cognitivi sempre di più nella tarda infanzia, in parte a causa delle occasioni inadeguate di muoversi e giocare in tenera età”, spiega la Hanscom.
Di chi è la colpa? Dei genitori, che magari non vogliono sentire che il proprio figlio ha giocato nel fango tutto il giorno, e degli insegnanti, che hanno a che fare con genitori isterici e bambini frustrati e si sforzano di assecondarli e di fornire “esperienze di apprendimento” sempre più organizzate, senza dare ascolto alle reali esigenze dei più piccoli. Insomma, le opportunità di gioco libero – soprattutto all’aperto – stanno diventando sempre di meno e non sono più una priorità.
E, invece, paradossalmente è proprio attraverso il gioco libero all’aperto che i bambini iniziano a costruire molte delle loro abilità di vita fondamentali, di cui avranno sicuramente bisogno per avere successo negli anni a venire. E ne danno conferma parecchie ricerche e l’esperienza di uno dei Paesi più alfabetizzati al mondo, la Finlandia, che con una legge ha stabilito che ai piccoli che frequentano la scuola materna (bambini che hanno 5 o 6 anni) non saranno insegnati per forza i rudimenti del leggere e scrivere, né tanto meno tabelline o problemi da fare sui quaderni. Lo scopo è quello di puntare tutto sul gioco, appunto, e sull’apprendimento attraverso il contatto con la natura, canzoni, balli, attività fisica e altro.
Insomma, la questione non è poi tanto spinosa e complessa, ma semplice e trasparente come può essere un bambino. In Italia c’è qua e là qualche timido approccio al gioco come esclusiva base di apprendimento e l’Asilo nel Bosco vicino a Roma ne è un esempio.
Ma il lavoro va fatto in primis su noi stessi. Se vostro figlio non frequenta nemmeno la prima elementare, dimenticate abbecedario, abaco e qualsiasi tipo di espediente per fargli imparare (per forza) a leggere e a far di conto. Cosa deve fare ora che è così piccolo? Uscire e scovare la tana di un animale, andare in bici, raccogliere foglie, creare buche per le formiche, rincorrere Fido, sbucciarsi le ginocchia, sudare. E poi ancora a casa, impiastricciarsi le mani, andar di colla e forbici, inventarsi storie con i pupazzi.
Fantasticare, insomma, ed essere bambini.
Germana Carillo
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