Sono una bambina e lavoro in una fabbrica di abbigliamento (ti racconto la nostra drammatica realtà in Bangladesh)

Altro che banchi di scuola, queste bambine sono costrette a lavorare in fabbrica o per conto dei parenti, sfruttate e picchiate. In occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile del 12 giugno, vi raccontiamo alcune delle loro storie, grazie ad ActionAid e Giuseppe Bertuccio D’Angelo, ideatore e mente del Progetto Happiness

Jui, una bambina di 12 anni del Bangladesh, racconta con dolore la sua vita attuale in cui lavora sei o sette ore ogni giorno. Le manca la sua vita di prima: quando era scuola era molto felice, oggi invece non lo è più, costretta a faticare invece che studiare.

Come molte altre bambine, Jui ha infatti dovuto abbandonare la scuola per lavorare in una fabbrica di abbigliamento a Dacca, dove taglia fili con le sue piccole mani, guadagnando circa 500 Taka al giorno (poco più di 3 euro). Il suo sogno di diventare medico si è infranto, ma continua a sperare che almeno sua sorella possa realizzarlo.

Nonostante la Convenzione 138 sull’età minima per lavorare e la Convenzione 182 contro le peggiori forme di lavoro minorile, nel mondo ci sono ancora 160 milioni di bambini lavoratori, di cui oltre un milione in Bangladesh. La maggior parte di questi bambini è coinvolta in lavori pericolosi che mettono a rischio la loro salute e il loro sviluppo.

Noor, picchiata e costretta a lavorare dalle zie

Noor, invece, è un’ex bambina lavoratrice. Ora dodicenne, è riuscita a riprendere i suoi studi grazie alle “Happy Home” di ActionAid, spazi sicuri creati per proteggere bambine e ragazze in situazioni di estrema fragilità. Prima viveva con le vie materne che le facevano lavare i loro vestiti:

Se non facevo bene il lavoro, mi picchiavano e mi lasciavano senza cibo. Poi mi hanno mandata a lavorare come domestica in un’altra casa, e ho smesso di studiare. Un giorno mi sono scottata con dell’acqua calda e il proprietario della casa mi ha picchiato. Dopo questo incidente, mi hanno licenziata e cacciata di casa. Sono stata un po’ a casa di mia madre, ma lei non poteva tenermi e mi ha trovato un lavoro in una fabbrica di bambole.

Le storie di Jui e Noor sono solo due delle tante che illustrano le difficoltà affrontate dai bambini lavoratori in Bangladesh. La povertà è il principale fattore che costringe i bambini a lavorare, privandoli della loro infanzia e compromettendo il loro futuro.

La Convenzione n. 182 e la Convenzione n. 138 dell’ILO, insieme all’Agenda 2030, chiedono la proibizione e l’eliminazione del lavoro minorile, ma il cammino è ancora lungo. In Bangladesh, il Labour Act del 2006 proibisce l’impiego di bambini al di sotto dei 14 anni e vieta lavori pericolosi per i minori di 18 anni, ma la realtà dimostra che molto resta da fare.

Le storie di Jui e Noor, raccontante in occasione della Giornata Mondiale contro il Lavoro Minorile non possono non farci riflettere: è tempo di agire concretamente per porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme. Ci sta provando Action Aid con le sue Happy Home che rappresentano una speranza per molte bambine.

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