Come le redditizie campagne del latte formulato stanno scoraggiando l’allattamento al seno in tutto il mondo

Tutte le mamme probabilmente se ne sono accorte: è più potente e redditizio il marketing del latte formulato rispetto alla promozione dell’allattamento al seno. I governi di tutto il mondo dovrebbero fare decisamente di più per sostenere questa pratica, a dirlo è un nuovo un nuovo rapporto dell’Unicef e dell’OMS in collaborazione con il Global Breastfeeding Collective.

Tutte le mamme probabilmente se ne sono accorte: è più potente e redditizio il marketing del latte formulato rispetto alla promozione dell’allattamento al seno. I governi di tutto il mondo dovrebbero fare decisamente di più per sostenere questa pratica, a dirlo è un nuovo un nuovo rapporto dell’Unicef e dell’OMS in collaborazione con il Global Breastfeeding Collective.

In occasione dell’settimana dell’allattamento, che nella maggior parte dei Paesi nel mondo si svolge la prima settimana di agosto (in Italia e altri Paesi europei invece la prima di ottobre), Unicef e OMS rilanciano il tema invitando caldamente i governi di tutto il mondo ad impegnarsi per favorire questa buona pratica.

Le ricerche continuano a dimostrare che l’allattamento al seno è l’opzione nutrizionale ideale per i bambini. Nonostante ciò, le statistiche dimostrano che nessun paese al mondo ha raggiunto gli standard per l’allattamento raccomandati dall’OMS e questo sarebbe da imputare in primis alla poca attività dei governi nel sostenere le neomamme.

Dall’altra parte ci sono poi le redditizie campagne dedicate al sostituto del latte materno (ovvero la formula) che in alcuni casi, pur di spingere i propri prodotti, violano i codici di marketing interazionale posti dai governi per proteggere ed incoraggiare le madri ad allattare al seno. Secondo uno studio pubblicato su ResearchGate i produttori di latte formulato spendono circa 4-6 miliardi di dollari ogni anno per il marketing.

La promozione della formula per il pubblico, tra l’altro, non è ammessa secondo quanto stabilito dall'”International Code of Marketing of Breastmilk Substitutes“, adottato nel 1981 dall’OMS. L’industria non dovrebbe neppure offrire campioni gratuiti alle mamme, tuttavia è probabile che queste invece ricevano prodotti simili già in ospedale poco dopo il parto o dal pediatra.

Allattare al seno è il mezzo più sano ed economico per nutrire i propri bambini mentre chi utilizza il latte formulato ovviamente spende grandi risorse per far crescere il neonato fino allo svezzamento. Incentivare l’allattamento al seno è quindi un vero e proprio investimento sulla salute e l’economia delle persone, come afferma un nuovo rapporto di Unicef e Organizzazione Mondiale della Sanità.

Il rapporto e le proposte per favorire l’allattamento al seno

Analizzando 194 nazioni si è visto che solo il 40% dei bambini vengono allattati esclusivamente al seno per i primi sei mesi di vita, come raccomanda l’OMS. Davvero pochi paesi (23) hanno invece un tasso di allattamento che supera il 60%.

Soprattutto nei paesi in via di sviluppo allattare al seno può salvare la vita a molti bambini, si ricorda infatti che questa pratica contribuisce a contrastare diarrea e polmonite (tra le maggiori cause di morte neonatale) oltre ad essere associata ad un rischio minore di sviluppare leucemia infantile o di incorrere nella SIDS (morte in culla).

Secondo un altro studio, sempre opera dell’OMS, si è visto che per aumentare al 50% entro il 2025 il tasso globale di bambini allattati al seno sotto i sei mesi è necessario un investimento annuo di soli 4,70 dollari per neonato. Questo potrebbe salvare la vita a oltre 500 mila bambini sotto i 5 anni e aiutare anche l’economia in quanto si ridurrebbero le malattie e i costi dell’assistenza sanitaria.

“L’allattamento è uno degli investimenti più efficaci ed economicamente vantaggiosi che una nazione possa fare per la salute dei suoi membri più giovani e il futuro delle loro economie e delle società. Se non investiremo sull’allattamento, non faremo progressi per le madri e i loro bambini, pagando un prezzo doppio: in termini di perdita di vite e di opportunità.” ha dichiarato Anthony Lake, Direttore generale dell’UNICEF.

Per combattere le tattiche di marketing inappropriate e per sostenere più efficacemente le nuove madri, l’Assemblea mondiale della sanità invita i governi a investire in programmi che consentano da una parte di monitorare le pratiche pubblicitarie scorrette da parte dell’industria del latte formulato e dall’altra di diffondere la conoscenza dell’allattamento al seno e favorire la pratica, agendo anche sui permessi di maternità e su politiche che incoraggino l’allattamento sul posto di lavoro.

Il Global Breastfeeding Collective chiede dunque a tutti i paesi di:

  • Aumentare i fondi per favorire l’allattamento fino a 2 anni
  • Seguire il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno e le risoluzioni dell’Assemblea Mondiale della Sanità attraverso misure legali senza conflitti di interesse
  • Promuovere il congedo familiare retribuito e politiche per l’allattamento sui posti di lavoro
  • Implementare i 10 passi per l’allattamento nelle strutture per la maternità, compresa anche la fornitura di latte materno per neonati più fragili o malati
  • Programmi per l’allattamento nelle strutture sanitarie
  • Fare rete tra comunità e ospedali per promuovere l’allattamento al seno
  • Rafforzare i sistemi di monitoraggio che possano valutare programmi e finanziamenti per raggiungere gli obiettivi fissati

Tutto questo si rende necessario in quanto, nonostante i numerosi benefici confermati dell’allattamento al seno per bambini e mamme, questa pratica è ancora poco sostenuta e le madri, in molti casi e per diversi motivi, decidono di passare al latte formulato. A volte non sono spalleggiate da personale specializzato altre devono abbandonare l’allattamento per esigenze logistiche come quella di rientrare presto a lavoro.

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Si è visto infatti che le donne che lavorano tra le 20 e le 34 ore settimanali hanno una probabilità del 45% di interrompere l’allattamento al seno prima che il bambino abbia raggiunto i 6 mesi di età. Secondo un rapporto del 2009 pubblicato dalla School of Law at Pace University, le donne hanno maggiori probabilità di allattare se sono bianche, hanno un’età più alta, un’istruzione universitaria, sono sposate, hanno un’assicurazione sanitaria e un buon reddito.

Dunque nutrire al seno il proprio bambino è, paradossalmente, opportunità di ricchi e privilegiati? Ci auguriamo proprio di no.

Francesca Biagioli

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