Ad Aleppo il numero di bambini morti non si conta più e quelli in vita hanno imparato a non piangere anche se sono sotto le bombe, tra i corpi senza vita, e sono rimasti da soli.
Ad Aleppo il numero di bambini morti non si conta più e quelli in vita hanno imparato a non piangere anche se sono sotto le bombe, tra i corpi senza vita, e sono rimasti da soli.
I loro sguardi sono ormai tristemente abituati al sangue, alla violenza, ai feriti, alle urla, la guerra siriana ha trasformato i bambini in automi: non hanno neanche più la forza di soffrire.
Ayah è uno di loro. Seduto su una barella accanto alla madre disperata per la perdita degli altri, nelle immagini diffuse da Channel 4 News è impassibile, immobile.
Secondo l’Unicef Italia:
“Le Nazioni Unite hanno smesso di contare i bambini siriani morti nel 2013, quando erano circa 11mila. Ora si teme che le vittime minori si siano almeno quintuplicate rispetto ad allora ed anche se non ci sono dati certi sono certamente cifre da genocidio”.
Di un vero e proprio olocausto ha parlato la giornalista Lucy Aarish della tv si Stato arabo-israeliana. Ecco le sue parole agghiaccianti:
“È un olocausto. In questo mondo, noi non stiamo facendo niente mentre i bambini vengono macellati ogni singola ora. Non chiedetemi chi ha ragione e chi ha torto. Chi sono i buoni o i cattivi, perché nessuno lo sa. E francamente non importa. Ciò che importa è che sta succedendo ora sotto i nostri occhi e nessuno sta facendo qualcosa per fermarlo.Chi sta urlando per i bambini? Nessuno“.
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Un duro attacco anche al Consiglio di sicurezza Onu, che secondo la giornalista si macchia di “ipocrisia asciugandosi le lacrime, quando vede un padre che abbraccia il corpo della figlia”.
“Io sono un’araba, una musulmana, una cittadina dello stato d’Israele ma sono anche una cittadina del mondo e mi vergogno“, chiosa Aarish.
Una vergogna che dovrebbe essere collettiva, perché secondo l’Unicef da venerdì scorso 96 bambini sono stati uccisi e 223 sono stati feriti. Mentre il sistema sanitario è ormai al collasso e le difficoltà di evacuazione aumentano, Save the children chiede il trasferimento immediato di bambini feriti, orfani o separati dai genitori. Il Fondo delle Nazioni Unite parla ancora di “peggiore strage di minori dal dopoguerra, più grave di Bosnia e Ruanda”.
Quelli che sopravvivono diventano vittime di violenze e continui attacchi dalle illegali bombe a grappolo che causano danni e mutilazioni. Da Amnesty International arriva la denuncia di stupri e violenze contro le donne da parte dei miliziani, senza dimenticare poi che non esistono più scuole, ospedali ed edifici.
Mentre oggi si riunirà il consiglio diSicurezza dell’Onu per votare la proposta francese di inviare osservatori nella città siriana di Aleppo per sovrintendere all’evacuazione dei civili e vigilare sulla loro protezione, a Berlino si organizza la Civil March for Aleppo, una marcia dei civili per i civili, una marcia a staffetta che partirà il 26 dicembre dalla capitale tedesca e arriverà nella rotta balcanica.
Tre mesi in cui almeno mille cittadini attraverseranno a piedi Germania, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia, Croazia, Serbia, Macedonia, Grecia, Turchia fino all’arrivo in Siria.
L’iniziativa è nata grazie all’appello di una giornalista polacca Anna Alboth, stufa di essere impotente davanti a tanto orrore. Un’idea sposata da un team di under 35 che ha messo su, grazie a facebook, la manifestazione.
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Un lungo percorso per non provare più quella vergogna, per fare qualcosa di simbolico per una tragedia umanitaria di cui tutti dovremmo sentirci responsabili.
Dominella Trunfio