Un bambino mutilato, una gara di solidarietà e un viaggio in un altro continente: è la storia di Baraka, un bimbo africano di cinque anni vittima di una violenza folle che, grazie alla cooperazione di due organizzazioni no-profit, è arrivato negli Stati Uniti per ricevere le cure di cui ha bisogno e tornare a sperare nel futuro.
Un bambino mutilato, una gara di solidarietà e un viaggio in un altro continente: è la storia di Baraka, un bimbo africano di cinque anni vittima di una violenza folle che, grazie alla cooperazione di due organizzazioni no-profit, è arrivato negli Stati Uniti per ricevere le cure di cui ha bisogno e tornare a sperare nel futuro.
Questa storia inizia lo scorso marzo, in un villaggio della Tanzania occidentale. Il piccolo Baraka sta dormendo quando degli uomini armati fanno irruzione nella sua casa, stordiscono sua madre e, dopo averlo afferrato e immobilizzato, gli tagliano la mano destra.
“Stavamo semplicemente dormendo quando qualcuno è arrivato.” – ha raccontato il bambino – “Sono venuti da me con il machete.“
Una violenza assurda e raccapricciante, che ha una spiegazione ancora più incredibile: Baraka è albino, una condizione genetica che consiste nella depigmentazione di pelle, peli, capelli ed iride e che, secondo delle credenze superstiziose particolarmente diffuse in Africa e dure a morire, è collegata alla magia.
Le parti del corpo di un albino sono molto richieste e redditizie e alimentano un macabro ma fiorente mercato nero: pelle, ossa, orecchie, naso, lingua, genitali e arti vengono infatti utilizzati nell’ambito di rituali magici, ad esempio come “ingredienti” di pozioni per scacciare il malocchio o per ottenere ricchezza e fortuna. Per questo, in alcuni Paesi africani essere albini equivale a vivere in uno stato di pericolo costante ed essere esposti a rapimenti, violenze, mutilazioni e omicidi.
Un’organizzazione no-profit americana, Global Medical Relief Fund, fondata nel 1997 da Elissa Montanti e con sede a Staten Island (New York), venuta a conoscenza della situazione si è fatta carico di Baraka e di altri quattro giovanissimi albini africani che hanno subito violenze analoghe.
All’inizio dell’estate, i bambini sono arrivati negli Stati Uniti e hanno iniziato il percorso per ricevere delle protesi personalizzate presso il Philadelphia Shriners Hospital for Children, in modo da sostituire al meglio gli arti di cui sono stati privati.
“Non avranno indietro il loro braccio.“ – ha spiegato in proposito Elissa Montanti – “Ma riceveranno qualcosa che li aiuterà a condurre una vita produttiva e ad essere parte della società, senza essere considerati come dei fenomeni da baraccone o delle persone a metà.“
Una volta ricevuto il nuovo arto e completata la riabilitazione, tutti e cinque torneranno in Tanzania e troveranno rifugio in case sicure gestite dall’organizzazione no-profit canadese Under the Same Sun, che ha fatto della protezione degli albini in Africa la propria missione. E, mano a mano che i piccoli cresceranno, sarà cura del Global Medical Relief Fund riportarli negli Stati Uniti per ricevere nuove protesi.
Tra i compagni di viaggio di Baraka c’è anche Kabula, una ragazza di diciassette anni. Kabula ha raccontato che i suoi aggressori, dopo aver fatto irruzione nella sua casa, hanno chiesto dei soldi. Non avendone, sua madre ha cercato di rabbonirli offrendo loro l’unica bicicletta di cui disponevano.
Gli aggressori hanno rifiutato, hanno afferrato Kabula e le hanno tranciato il braccio a partire dall’ascella. Prima di allontanarsi con il suo arto chiuso in un sacchetto di plastica, hanno avvertito sua madre che altri uomini sarebbero tornati a prendere gli organi di sua figlia.
Kabula ha detto di pensare continuamente all’arto che le hanno portato via.
“Mi sento male, perché non so cosa hanno fatto con il mio braccio, dove si trova, quali benefici hanno ottenuto da esso o se, semplicemente, lo hanno buttato via.“
Secondo le Nazioni Unite, in diversi Paesi africani, quali Tanzania, Kenya, Zimbabwe, Burundi e Malawi, qualsiasi persona affetta da albinismo è a rischio, e anche chi è già stato attaccato una volta può subire nuovi attacchi, visto che arti e organi possono valere anche decine di migliaia di euro sul mercato nero.
In Tanzania, la terra di Baraka e Kabula, una persona ogni 15 mila è albina. All’inizio del 2015, anche a causa delle pressioni internazionali, il Governo del Paese ha messo ufficialmente al bando la stregoneria, con la speranza di fermare gli attacchi contro gli albini, e ha lanciato una campagna di sensibilizzazione nelle aree più colpite da rapimenti, violenze e omicidi a sfondo magico-rituale.
Ma, almeno per il momento, non c’è stata alcuna inversione di tendenza: la popolazione albina continua ad essere vittima di una persecuzione crudele e silenziosa che, come dimostrato dalla storia di Baraka, non si ferma neppure davanti allo sguardo innocente di un bambino.
Lisa Vagnozzi
Photo credits: Associated Press
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