Non arte spazzatura, bensì spazzatura che diventa arte. Potremmo riassumere così Washed up, ultimo lavoro dell'artista e fotografo di origine messicana Alejandro Duran, che immortalando artisticamente le tonnellate di spazzatura che ogni giorno si depositano in uno dei luoghi più belli del nostro pianeta prova a farci riflettere criticamente sul nostro modo di vivere e consumare.
Il luogo in questione si chiama Sian Ka’an ed è la più grande riserva naturale protetta del Messico: un angolo magico che, oltre a pullulare di biodiversità, ospita più di venti siti archeologici e preziosi reperti di civiltà precolombiane ed è stato perciò nominato Patrimonio dell’UNESCO.
Purtroppo a causa delle correnti che lambiscono quotidianamente le coste messicane, le spiagge di Sian Ka’an accumulano giorno dopo giorno tonnellate di rifiuti provenienti da ogni dove. Con il suo progetto Duran ha scelto di mettere da parte l’iniziale disgusto per questo scempio e di utilizzare la propria arte per veicolare una riflessione sul consumismo, fenomeno di cui siamo tutti – chi più, chi meno – protagonisti.
A partire dal Febbraio 2010 il fotografo messicano, che ormai vive e lavora a New York, ha lavorato alla creazione di vere e proprie sculture realizzate con l’immondizia raccolta sulle spiagge della riserva: bottiglie, scarpe, contenitori ed oggetti di ogni genere divisi per forma o colore e distribuiti così come si potrebbe immaginare farebbe la natura se si trattasse di terra, sabbia, acqua e così via.
Nascono così strani paesaggi immaginariamente scolpiti dal vento, lavorati dalle onde, in apparente armonia con l’ambiente circostante eppure illuminati da una luce artificiale, che mette in risalto il contrasto tra quanto è armoniosamente creato da Madre Natura e quanto invece è introdotto con allarmante noncuranza dall’uomo.
Parlano di noi gli oggetti trovati sulla spiaggia e ritratti con tocco artistico da Duran, che nel corso del proprio progetto ha identificato la provenienza della maggior parte di essi: portano la firma di 42 nazioni e nell’insieme di 6 continenti.
Parlano di noi e del nostro rapporto con l’ambiente in cui viviamo, che trattiamo come un oggetto, ma che oggetto non è. Forse Washed up ci aiuterà a ricordarlo e a ricucire quel rapporto incrinato, a partire da noi.