Secondo un nuovo studio il concetto di "capitale culturale" trova corrispondenza nella scienza fino ad un certo punto (ma migliorare i risultati degli esami non dovrebbe mai essere la logica per una visita al museo)
Per anni le istituzioni educative dei governi di ogni paese del mondo hanno tenuto conto, nell’insegnamento delle giovani leve, del peso del cosiddetto “capitale culturale” coniato da Pierre Bourdieu e di quanto questo concetto sociale fosse in grado di ampliare il divario tra le classi più benestanti e quelle più povere. Questa idea presuppone difatti che a maggiori disponibilità economiche corrisponda un maggior accesso alle attività culturali e di conseguenza un migliore rendimento scolastico dei figli. Ne deriva che voti insufficienti durante l’anno o bassi all’esame di maturità siano dovuti ad una scarso stimolo culturale nel nucleo familiare, ma la scienza smentisce questa ipotesi.
Il capitale culturale, che indica per l’appunto l’insieme delle conoscenze culturali e dei valori che una famiglia trasmette ai propri figli, è stato oggetto di studio di una recente indagine inglese dove i ricercatori dell’University of Sussex e dell’University Edinburgh hanno demolito questa concezione, suggerendo che non è importante quante gite culturali vengano proposte ai figli, ma in che modo queste possano far assimilare più conoscenze ai giovani e come il ruolo della famiglia sia rilevante in questo processo di apprendimento.
I ricercatori hanno utilizzato i dati statistici di un sondaggio della Understanding Society e li hanno confrontati con i voti delle qualificazioni scolastiche inglesi del National Pupil Database del Dipartimento per l’Istruzione in Inghilterra e del Pupil Level Annual School Census, dimostrando che non ci sono prove che alle disuguaglianze nel capitale culturale corrispondano sostanziali disuguaglianze di classe sociale dei genitori perché queste non hanno un impatto sui risultati dell’esame di maturità dei figli.
Questo non vuol dire certamente che gli studenti non traggano benefici dalle attività extracurricolari, ma che queste se prese da sole non contribuiscono ad un migliore rendimento in classe. Uno studente che viene portato ogni domenica al museo dalla propria famiglia può ottenere il diploma con lo stesso voto di chi invece non può permettersi di andare al museo.
A fare la differenza è, in parte, il modo in cui la famiglia partecipa all’educazione dei figli, coinvolgendoli in attività quali per esempio la lettura o la discussione di un tema scelto in cui gli studenti vengono stimolati culturalmente e sono spronati al confronto, alle eventuali critiche ed ad ampliare il proprio punto di vista in modo costruttivo.
Fonte: British Journal of Sociology of Education
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