Dopo lunghe indagini, i Carabinieri hanno dimostrato che le tre statue risalenti al IV secolo a.C. erano state trafugate a Taranto negli anni Settanta
Una splendida notizia per il mondo dell’arte italiano: rientra in patria il gruppo scultoreo ribattezzato “Orfeo e le sirene”, rinvenuto in uno scavo clandestino a Taranto nella seconda metà del secolo scorso ed esportato illegalmente negli Stati Uniti, dove fu acquistato dal Getty Museum di Malibu (California).
Il gruppo risalirebbe al IV secolo a.C., all’epoca della dominazione greca nel Sud Italia, ed è costituito da tre sculture in terracotta: due sirene stanti e Orfeo seduto (reggente con molta probabilità una lira, che è andata perduta). Acquistato per 550.000 dollari dal museo americano, oggi il suo valore è stimato per 8 milioni di dollari.
Grazie al certosino lavoro dei Carabinieri italiani, che hanno ricostruito l’origine e gli spostamenti delle tre sculture, è stato possibile restituire al nostro Paese questo capolavoro artistico così antico e prezioso. Le tre statue saranno esposte a Roma presso il Museo dell’Arte Salvata dal prossimo sabato (24 settembre) fino al 15 ottobre – prima di essere trasferite, in modo permanete, al Museo archeologico di Taranto.
Il gruppo scultoreo riprende una scena del mito greco degli Argonauti – il gruppo di eroi greci che, a bordo della nave Argo, partì sotto la guida di Giasone alla ricerca del vello d’oro. Fra le mille peripezie affrontate dagli Argonauti vi fu l’incontro con le ammalianti sirene, che con il loro canto seducevano i marinai e li conducevano a morte sicura.
Fra i membri dell’equipaggio della nave Argo vi era anche il cantore Orfeo che, con la sua lira, riuscì a distrarre le sirene, spingendo queste creature mitologiche a interrompere il proprio canto ammaliatore e addirittura a suicidarsi.
Proprio per rispettare il mito dietro il gruppo scultoreo, i curatori del Museo dell’Arte Salvata hanno scelto di mettere le due statue delle sirene di fronte a quella di Orfeo seduto – e non tutte e tre sullo stesso livello, come era invece nel museo americano.
Fonte: Ministero della Cultura
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