E’ tornato nella sua terra, in Afghanistan, con un obiettivo ben preciso, quello di ricucire simbolicamente le ferite della guerra civile riempiendo i muri con i suoi graffiti.
È tornato nella sua terra, in Afghanistan, con un obiettivo ben preciso, quello di ricucire simbolicamente le ferite della guerra civile riempiendo i muri con i suoi graffiti.
Kabir Mokamel ha 46 anni ed è originario di Kabul, dopo aver vissuto per anni in Australia ha deciso di portare il colore nella sua città natale attraverso la street art.
Per farlo si è ispirato all’artista Banksy e sulla falsariga dei suoi murales, Mokamel dipinge su chilometri di muri abbandonati, macerie di edifici distrutti dai talebani.
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Un cuore trasportato con la carriola, un cerotto che cura la grave ferita dell’Afghanistan e ancora grandi occhi segnali dal kajal, sono solo alcune delle opere realizzate dall’artista e da un gruppo di sostenitori.
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Il sogno è quello di trasformare piano piano Kabul, una città che stenta a rialzarsi, una città sotto assedio. A Banksy quindi, l’artista afgano è legato non solo per la somiglianza delle opere di street art ma anche per il messaggio rivoluzionario che vuole lanciare. È per questo che le donne sono raffigurate senza burqua ed è per questo che se i muri non si possono abbattere almeno si possono trasformare.
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I blocchi di cemento grigio stanno pian piano diventando un museo a cielo aperto, attraverso cuori, occhi, bambini si lanciano messaggi e ideologie rivoluzionarie.
Il primo graffito è stato realizzato nel 2015, lo sguardo di due occhi sui toni dell’arancione con lo slogan “Vi vedo”, allusione alla corruzione presente a Kabul.
Ieri fucili e armi, oggi bombolette, vernici e pennello. Anche l’arte fa la sua parte e la rivoluzione a volte comincia anche da un po’ di colore in una grigia strada distrutta dalle bombe.
Dominella Trunfio
Foto: Kabir Mokamel