Strage di via D’Amelio: murales ricorda Paolo Borsellino accanto a quello Giovanni Falcone, a 29 anni dai massacri ordinati dalla mafia

Ventinove anni sono passati da quando il giudice Paolo Borsellino venne brutalmente ucciso in un’esplosione a Palermo.

Ventinove anni sono passati da quando il giudice Paolo Borsellino venne brutalmente ucciso in un’esplosione a Palermo. Quel 19 luglio del 1992 vennero trucidati insieme al magistrato anche cinque agenti della scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Da allora, la “strage di Via D’Amelio” è diventata il simbolo – insieme alla “strage di Capaci” di pochi giorni prima – di una battaglia che già da anni Borsellino e Falcone portavano avanti: una lotta silenziosa e frenata da ogni parte. Complicata per le infiltrazioni, i raggiri, i ricatti.

“Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”, diceva Borsellino. E ci vedeva lungo.

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Lui e Giovanni Falcone appartenevano al Pool antimafia che fece approdare le indagini al maxiprocesso di Palermo contro Cosa Nostra. 19 ergastoli, tra cui quelli a Totò Riina e Bernardo Provenzano, 2665 anni di carcere, 11 miliardi e mezzo di lire di multe e 114 assoluzioni.

Eppure, a quasi 30 anni di distanza non si è arrivati a una reale ricostruzione dei fatti. Perché?

Oggi, come ogni anno, si ricorda quel giorno, e nel 29esimo anniversario dalla strage di via D’Amelio un nuovo murale riproduce il volto del giudice Paolo Borsellino. È l’opera Andrea Buglisi realizzato nell’ambito del progetto Spazi Capaci-Comunità Capaci, un’iniziativa della Fondazione Falcone e che completa la Porta dei Giganti e si aggiunge al ritratto di Giovanni Falcone, consegnato lo scorso 23 maggio.

L’opera copre una superficie di oltre 900 metri quadrati, su un palazzo di sei piani in via Sampolo, vicino a via D’Amelio: da un lato Paolo Borsellino, dall’altro Giovanni Falcone.

Due personalità differenti ma accomunate da un unico, forte e totalizzante obiettivo. Sorgono dall’aula Bunker, tatuati sui palazzoni del sacco di Palermo che tanto hanno combattuto, ora per rassicurarci con la loro presenza, ora per sfidarci a non essere mai indifferenti, conclude Buglisi.

Fonte: Fondazione Falcone

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