Da Spelacchio a Spezzacchio, sembra che ormai l’albero di Natale di Piazza Venezia a Roma, ogni anno ne abbia una. Se lo scorso, cittadini e turisti, criticavano il fatto che non fosse troppo folto, adesso sui social è di nuovo polemica, ecco perché.
Da Spelacchio a Spezzacchio, sembra che ormai l’albero di Natale di Piazza Venezia a Roma, ogni anno ne abbia una. Se lo scorso, cittadini e turisti, criticavano il fatto che non fosse troppo folto, adesso sui social è di nuovo polemica, ecco perché.
Gli addetti ai lavori ne sono certi, entro l’8 dicembre l’albero di Natale sarà addobbato e splendido come la piazza richiede. Un po’ più scettici gli utenti dei social che già dal primo avvistamento, trasportato da una gru, lo hanno ribattezzato spezzacchio.
Perché #spezzacchio?
L’abete arrivato dal vivaio Spertini di Cittiglio, in provincia di Varese, è alto più di 20 metri e piano piano sarà addobbato con 60mila luci led a basso consumo energetico e 500 sfere colorate per essere inaugurato come da tradizione, dalla sindaca Raggi il giorno dell’Immacolata.
E fin qui, nulla di strano. Ma come si è arrivati a battezzarlo spezzacchio? Perché a guardarlo, manca qualche ramo. Ma il piccolo giallo è stato risolto in poche ore: i rami non si sono affatto spezzati nel trasporto, come ha precisato IGP Decaux, la società che sta curando l’esecuzione del progetto per conto di Netflix, sponsor dell’albero di Natale di Roma.
“L’abete appartiene agli ‘abies nordmanniana’ conifera e per consentire il trasporto sicuro che rispettasse le misure imposte per legge, alcuni rami sono stati sezionati da esperti del settore secondo una tecnica studiata ad hoc, eseguita in sede di taglio. Nessun ramo è stato spezzato durante il trasporto”, precisa la società.
Nelle prossime ore, dunque, spezzacchio dovrebbe tornare alla normalità e somigliare al classico albero di Natale.
“Procedendo dall’alto in basso, si stanno aprendo le fronde dell’abete, mettendole in sicurezza una ad una, per ridonare all’esemplare la sua caratteristica forma a cono e riportarlo ad un diametro che alla base misuri 12 metri”.
Ma nel frattempo, ecco come si sono scatenati sui social:
Tutto sotto controllo…#Roma #InstantMovies #Spelacchio #Spezzacchio @SpelacchioReal #Netflix
scusatemi. pic.twitter.com/FXXLshUaiu— P.L. (@PieroLatino) 3 dicembre 2018
Indipendentemente da chi lo paghi, a ‘sto punto mi sa che è proprio la giunta Raggi a fare la macumba agli alberi di Natale… #Spelacchio #Spezzacchio pic.twitter.com/FrOS8WMtUx
— Sofia Marinelli (@TopaM79) 3 dicembre 2018
ho lanciato #Spezzacchio… la Raggi credo che ce lo faccia apposta ad umiliare @Roma pic.twitter.com/dqDx1XTZf6
— francesco cro (@cro_francesco) 3 dicembre 2018
Da #Spelacchio a #spezzacchio la @virginiaraggi e gli abeti non vanno d’accordo pic.twitter.com/IDQQqgYyiU
— erfattaccio (@erfattaccio) 3 dicembre 2018
La giunta #Raggi si dev’essere dimenticata di aggiungere il pacchetto “Rami” all’abbonamento #Netfix#Spelacchio#Spezzacchio pic.twitter.com/xolAnN49Cu
— ʟᴏɢᴀʀɪᴛᴍɪᴄᴏ 1.7 (@LoMassi) 3 dicembre 2018
L’assurda mania di portare abeti in piazza
“Prendiamo gli abeti dai nostri boschi, più sono alti meglio è, li portiamo per 700 chilometri di autostrada con allucinanti ed eterni trasporti eccezionali, costosissimi, fino alla meta, per issarli tra i sampietrini o l’asfalto, li rimontiamo nelle piazze tra le vie dello shopping e, se qualche ramo si è spezzato, siamo pronti a riattaccarlo. Un gioco ricorrente da nord a sud, anche in città dove un abete vero, un’abetina non si è mai vista manco in foto. In questo scenario postmoderno, c’è qualcosa che non va”, riflette il Presidente Uncem, Marco Bussone.
“C’è una società urbanocentrica che niente sa del proprio territorio rurale e montano – riflette Bussone – che niente sa dei suoi boschi, che però vuole l’albero di Natale vero in piazza o in casa, pronto poi a ripiantarlo in qualche casuale bosco quando le luci colorate e gli addobbi tornano in cantina o in garage. Addirittura c’è chi propone di prendere come albero di Natale un pezzo degli abeti rossi che si sono schiantati a terra, distrutti dal vento, sull’Altipiano di Asiago. Affinché ‘riprendano la verticalità perduta’, viene detto oggi. I cimali verrebbero venduti sul mercato, nelle piazze delle città naturalmente. Per poi restare 15 giorni nelle case degli italiani ed essere tradotti in biomassa da combustione successivamente. Un disegno che fatichiamo a comprendere, che però dimostra la fatica con la quale l’Italia riesce a stringere un adeguato rapporto con i suoi boschi. Li usa per gioco, senza comprenderne il valore. Spezzacchio e Spelacchio insegnano questa mancanza di radici e di basi culturali scientifiche, serie“.
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Dominella Trunfio