Tre balene grigie intrappolate nel ghiaccio al largo della costa dell'Alaska e un ambientalista di Greenpeace, Cindy Lowry, che fece di tutto per salvarle. Sono loro le protagoniste assolute del film Qualcosa di straordinario dell’Universal Studios, pellicola tratta da una storia vera, con immagini di filmati d’epoca nei titoli di coda, che da venerdì 24 febbraio è in programmazione anche nelle sale italiane.
Tre balene grigie intrappolate nel ghiaccio al largo della costa dell’Alaska e un ambientalista di Greenpeace, Cindy Lowry, che fece di tutto per salvarle. Sono loro le protagoniste assolute del film Qualcosa di straordinario dell’Universal Studios, pellicola tratta da una storia vera, con immagini di filmati d’epoca nei titoli di coda, che da venerdì 24 febbraio è in programmazione anche nelle sale italiane.
Con Drew Barrymore come protagonista nel ruolo dell’attivista, Qualcosa di Straordinario dello statunitense Ken Kwapis e tratto dal libro del giornalista Thomas Rose “Freeing the Whales” (“Liberate le balene”), racconta la toccante storia dello spettacolare salvataggio, avvenuto nel 1988, di un’intera famiglia di balene grigie, padre madre e figlio, ribattezzate con i nomi dei personaggi dei Flinstones Fred, Wilma e Bamm-Bamm. “24 anni fa, –spiega l’associazione ambientalista sul proprio sito– Greenpeace si trovò coinvolta in un dramma da guerra fredda quando il governo americano e quello sovietico unirono le forze per salvare le balene”.
Il titolo originale del film sul salvataggio è Big Miracle, perché, di fatto, questo fu: scoperti dal cronista locale Adam Carlson (Krasinski), i tre giganteschi abitanti dell’oceano, tre perfetti “esemplari” di animatronic, si trovano in bilico tra la vita e la morte, intrappolati nelle gelide acque artiche. La notizia si diffonde velocemente, scatenando subito una catena di aiuti, dalla volontaria di Greenpeace, ai cacciatori di balene Inupiat, passando per la Guardia Nazionale statunitense e l’esercito russo, che collaborano insieme al salvataggio, nonostante l’imperversare degli ultimi strascichi della Guerra Fredda.
“Il presidente Reagan non era noto per il suo amore per l’Unione Sovietica e l’idea di chiedere al colosso comunista di inviare delle navi in acque americane per contribuire al salvataggio delle balene sembrava assurda“, racconta Campbell Plowden, all’epoca coordinatore della campagna balene di Greenpeace. Già, perché in quegli anni Greenpeace era nel pieno della lotta per convincere gli stati ad aderire alla moratoria sulla caccia alle balene per scopi commerciali, adottata nel 1982 dall’International whaling commission ed entrata in vigore nel 1986, e i governanti, così come l’opinione pubblica mondiale, non erano ancora molto attenti ai problemi dei cetacei.
Ma la storia di queste tre balene riuscì a diventare un caso planetario, dando enorme visibilità all’organizzazione e alla campagna lanciata anni prima, nel 1975. E anche a sensibilizzare l’opinione pubblica, costringendo i governi delle due superpotenze a superare le reciproche antipatie.
Ora, 24 anni dopo, i giganti dei mari rischiano ancora molto, soprattutto a causa di quei paesi, come il Giappone e la Norvegia, che continuano a ucciderle per consumarne la loro carne, venduta addirittura su internet. Insomma, come dice Cindy nel film “C’è sempre qualcosa che si può fare”.