L'artigianato indigeno australiano sposa la plastica riciclata. Il risultato è vera e propria arte: lampadari coloratissimi che hanno meritato di essere esposti presso la National Gallery of Victoria in Australia
L’artigianato indigeno australiano sposa la plastica riciclata. Il risultato è vera e propria arte: lampadari coloratissimi che hanno meritato di essere esposti presso la National Gallery of Victoria in Australia.
Queste splendide lampade in PET in realtà sono il frutto di un lavoro commissionato dalla stessa Galleria, che ha portato gli artisti indigeni Yolngu e il fondatore del progetto PET Lamp,. Alvaro Catalán de Ocón, a creare lampadari unici realizzati solo sfruttando bottiglie di plastica riciclate e stuoie.
I lampadari intrecciati in fibra di PET oggi sono un’installazione straordinaria visibile al pubblico.
Com’è nata l’iniziativa?
Pet Lamp in realtà nasce nel 2011 grazie all’idea del designer spagnolo Alvaro Catalán de Ocón che ha avviato l’omonimo progetto collaborando con le comunità di tutto il mondo. L’obiettivo? Trasformare i rifiuti di plastica in opere uniche e funzionali.
Negli ultimi cinque anni Catalán de Ocón ha lavorato con artigiani in Colombia, Cile, Giappone ed Etiopia per produrre le lampade “collaborative”.
Vi avevamo già mostrato uno di questi progetti, quello condotto in Etiopia con le mamme dei gemelli. La collezione, chiamata Abissinia, era stata realizzata insieme ad alcune mamme di gemelli. Questi ultimi in Etiopia sono stigmatizzati perché vengono considerati “non benedetti da Dio”.
PET Lamp in Australia
Giunto alla sua quinta edizione, il PET Lamp Project ha fatto il giro del mondo illuminando comunità con bellissimi mestieri sostenibili. Per la sesta installazione, Alvaro Catalán de Ocón è sbarcato in Australia dove ha collaborato con sette tessitori indigeni ad Arnhem Land, una delle cinque regioni del Northern Territory of Australia. Le ampie lampade sono costituite da foglie e radici di una pianta tropicale del genere Pandanus, coloranti naturali, bottiglie in plastica PET, cavi elettrici riutilizzati e LED a bassa tensione.
“L’arte aborigena aveva originariamente scopi cerimoniali e un’aura sacra, con una grande carica spirituale. Oggigiorno, forme e tecniche tradizionali, come la corteccia dei dipinti e le incisioni sulle rocce, si stanno evolvendo e convivono con i nuovi materiali per valorizzare il repertorio degli artisti” si legge sul sito ufficiale del progetto.
Perché l’Australia? Per quasi 65.000 anni, la popolazione aborigena dell’Australia visse in completo isolamento e conservò una cultura ed un ecosistema unici. All’arrivo degli europei alla fine del XVIII secolo, la comunità aborigena era formata da un certo numero di tribù che condividevano una visione del mondo in cui il fisico (la terra), l’umano e il sacro erano totalmente integrati.
“Queste differenze fondamentali hanno portato a un divario tra le comunità aborigene e non aborigene. Nella ricerca di questa ricchezza, e per consentirgli di essere apprezzata da molti altri, abbiamo cercato comunità in cui le tradizioni e la visione del mondo sono conservate nella loro forma più pura”.
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Il progetto è stato realizzato nel corso di sei settimane nel 2016. Alcuni paralumi sono stati uniti in un unico pezzo intrecciato. Queste splendide luci riciclate saranno esposte alla National Gallery of Victoria fino al 15 aprile 2018.
Francesca Mancuso